Se FLOTTILLA È COME TRUMP: censura sulla libertà di parola

 I siti della propaganda ci hanno bloccato, bloccano la libertà democratica di parola.  Ci hanno accusato di essere fascisti (non abbiamo mai votato partiti politici di estrema destra. Mai penseremmo di votare  Fratelli d'Italia o Lega,  anzi, per anni abbiamo votato PD, cosa che non accadrà più (ecco perché la sinistra non comprende e non conosce chi li vota) perché non riteniamo più di appartenere a un partito che non è democratico... tuttavia... questo è quello che abbiamo cercato di pubblicare ma ci hanno censurato. 


Negli ultimi anni, la cosiddetta Flottilla e una serie interminabile di scioperi sembrano essere diventati l’unico “programma” dell’attuale sinistra italiana. Più che strumenti di azione concreta, queste iniziative si trasformano spesso in rituali simbolici, gesti plateali che servono più a far parlare di sé che a risolvere problemi reali. Invece di proporre soluzioni concrete, la sinistra sembra concentrarsi esclusivamente sul blocco e la protesta, alimentando rancore e frustrazione tra i cittadini.

La Flottilla, spesso presentata dai media come gesto eroico o coraggioso, appare in realtà come un’operazione estetica. È un’iniziativa che cattura l’attenzione, ma il cui impatto tangibile è quasi inesistente. Ciò che resta è una scia di spettacolo mediatico e titoli accattivanti, mentre le questioni più concrete – dai problemi economici alla sicurezza, dalle infrastrutture alla sanità – rimangono largamente irrisolte. È facile gridare ai diritti umani e sventolare bandiere, ma difficile proporre politiche efficaci che migliorino realmente la vita dei cittadini.

Gli scioperi, dal canto loro, dovrebbero essere uno strumento legittimo di pressione e tutela dei diritti dei lavoratori. Tuttavia, negli ultimi tempi, molti di questi scioperi sembrano perdere qualsiasi legittimità. Non sono finalizzati a risolvere problemi concreti, ma diventano piuttosto un mezzo per attirare l’attenzione e segnare presenza politica. In alcuni casi, questi scioperi paralizzano città e trasporti, danneggiano famiglie e cittadini e non portano a risultati tangibili. L’idea di protesta fine a se stessa, lontana da strategie concrete o compromessi costruttivi, rischia di svuotare di significato lo stesso concetto di mobilitazione civile.

Il problema è profondo: la sinistra sembra aver sostituito la politica con il simbolismo. L’azione politica, intesa come capacità di analizzare problemi complessi e proporre soluzioni reali, viene spesso sacrificata in favore di manifestazioni e gesti spettacolari. Questo approccio non solo è inefficace, ma è anche dannoso. Crea divisioni, alimenta conflitti artificiali e aumenta la sfiducia dei cittadini verso la politica in generale. Invece di costruire consenso o generare cambiamenti positivi, la sinistra sembra impegnata in un ciclo sterile di protesta e polemica.

La Flottilla e gli scioperi, così come vengono gestiti oggi, rischiano di diventare simboli di un attivismo senza direzione. Più che strumenti di cambiamento, appaiono come un modo per dare visibilità a chi li promuove, spesso ignorando le conseguenze concrete delle loro azioni. È un paradosso evidente: chi si proclama difensore dei diritti e della giustizia spesso finisce per ostacolare la vita quotidiana di chi vorrebbe proteggere. In questo contesto, le proteste non rafforzano la democrazia, ma ne mettono in luce le fragilità, mostrando quanto sia facile trasformare il dissenso in spettacolo.

Un altro punto critico riguarda la coerenza delle iniziative. La sinistra contemporanea sembra concentrarsi più sul mostrare indignazione che sul proporre soluzioni. La Flottilla e gli scioperi diventano così meri strumenti di visibilità, privi di una strategia a lungo termine. La politica non può essere ridotta a una serie di gesti simbolici: i problemi complessi della società richiedono analisi approfondite, compromessi intelligenti e capacità di trasformare le idee in azioni concrete. Quando l’attivismo politico si riduce a slogan e manifestazioni episodiche, l’unico risultato tangibile è la polarizzazione e la frustrazione dei cittadini.

In definitiva, la sinistra italiana sembra intrappolata in un circolo vizioso: ogni protesta genera visibilità, ma non produce risultati concreti. La Flottilla e gli scioperi diventano così l’unico “programma politico”, sostituendo il dibattito costruttivo e la proposta di soluzioni con l’azione simbolica e la denuncia continua. È un fenomeno che rischia di svuotare la partecipazione democratica del suo senso più profondo: costruire consenso, proporre soluzioni e migliorare la vita dei cittadini.

Se l’obiettivo è davvero migliorare la società, la sinistra deve smettere di trasformare ogni protesta in spettacolo mediatico. Deve proporre piani concreti, sviluppare strategie efficaci e impegnarsi in azioni politiche misurabili. Altrimenti, resterà intrappolata in un ciclo sterile di Flottilla, scioperi e polemiche: un teatrino politico che serve solo a chi lo organizza, non al Paese. La democrazia non si rafforza con gesti simbolici fine a se stessi, ma con politiche concrete, decisioni coraggiose e una capacità reale di affrontare le sfide della società contemporanea.

La sfida è chiara: trasformare il simbolismo in sostanza, la protesta in proposta, il rumore mediatico in risultati tangibili. Fino a quando ciò non accadrà, la Flottilla e gli scioperi resteranno l’emblema di una sinistra incapace di andare oltre la forma, un esempio di come l’attivismo politico possa diventare divisivo e inefficace se non ancorato a obiettivi concreti e misurabili.


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