Studi di sociologia avanzata: che cos'è la trattativa Stato-Mafia







Autore: Giulio Portolan
Data: 11 settembre 2025
Luogo: Pordenone, Italia

Secondo alcune ipotesi sociologiche elaborate da Giulio Portolan, la cosiddetta Trattativa Stato-mafia non sarebbe soltanto un fatto storico legato agli anni ’90 (come riportato ad esempio nella relativa voce di Wikipedia), ma rappresenterebbe un modello di lettura tuttora attuale.

Per Portolan, infatti, la Trattativa potrebbe essere interpretata come una sorta di generale “pax sociale”, fondata sull’idea che lo Stato, limitando in parte la pressione investigativa su certi fenomeni mafiosi, possa ottenere in cambio una riduzione della violenza e degli atti eversivi da parte delle organizzazioni criminali.

Si tratta, ovviamente, di un’ipotesi teorica e sociologica, non di un patto legale o riconosciuto: per la Legge la mafia va indagata e contrastata sempre, in quanto organizzazione criminale che vive di pratiche illegali (estorsioni, pizzo, traffico di droga, sfruttamento della prostituzione, attività imprenditoriali con fondi di provenienza illecita).

Secondo questa lettura, la logica della Trattativa sarebbe di tipo “informale”, basata su criteri di intelligence, cioè su un piano che va “oltre” l’ordinamento giuridico. Portolan la paragona a una sorta di “licenza di non indagare”, ipotizzando che ciò comporterebbe un vantaggio immediato per la sicurezza delle Istituzioni ma, allo stesso tempo, una sospensione dello Stato di diritto. In questa chiave, chi continua a combattere la mafia con rigore – come alcuni magistrati citati dallo stesso autore (ad esempio Gratteri) – verrebbe visto come isolato rispetto a una presunta linea più pragmatica delle Istituzioni.

Portolan collega inoltre la Trattativa a un presunto “desiderata” degli USA, non tanto per un debito storico (come quello evocato dallo sbarco in Sicilia), ma per una lettura funzionalista della mafia, assimilabile alle teorie del sociologo Talcott Parsons: in quest’ottica, la mafia verrebbe considerata come soggetto che svolge “funzioni sociali” che lo Stato non può assumersi direttamente a causa della loro natura illegale.

Tra queste presunte “funzioni sociali”, Portolan cita (in modo evidentemente provocatorio e teorico):

  • la diffusione della droga interpretata in chiave di “uso terapeutico” anti-nichilismo (una visione che resta controversa e non supportata da evidenze scientifiche);
  • la produzione e diffusione di pornografia online gratuita, che secondo questa ipotesi ridurrebbe la spinta autodistruttiva o violenta di alcuni soggetti;
  • attività violente come omicidi su commissione e intimidazione per il controllo del territorio;
  • il ruolo di intermediario di poteri più ampi, legati a dinamiche globali.

Si tratta di una chiave di lettura sociologica fortemente critica e controversa, che non attribuisce responsabilità penali specifiche a istituzioni o persone, ma ipotizza una sorta di tolleranza sistemica verso la mafia in cambio di stabilità sociale.

Infine, Portolan legge anche alcune reazioni emotive di magistrati (come quelle espresse dal procuratore Melillo in occasione del 45° anniversario della morte di Boris Giuliano, il 24 luglio 2024) come segnali di consapevolezza della difficoltà della lotta alla mafia in un contesto dove potrebbero esistere “zone grigie” o apparati deviati.

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