Giulio Natta: l’italiano che rivoluzionò la chimica dei polimeri
Quando si parla di Premi Nobel italiani, la mente corre spesso ai fisici come Marconi, Fermi o Rubbia. Eppure anche la chimica ha avuto un protagonista assoluto: Giulio Natta, vincitore del Premio Nobel per la Chimica nel 1963. Con le sue ricerche sui polimeri, Natta ha aperto la strada alla produzione di nuove materie plastiche, trasformando radicalmente la società e l’industria del Novecento.
Il suo nome non è forse noto al grande pubblico quanto quello di altri scienziati, ma il suo contributo è onnipresente nella nostra vita quotidiana. Dietro a oggetti comuni come contenitori, fibre sintetiche, protesi medicali o componenti per l’automobile c’è la sua intuizione geniale. Ripercorrere la sua storia significa capire come la chimica possa davvero cambiare il mondo.
Una formazione italiana
Giulio Natta nacque a Porto Maurizio (oggi parte di Imperia) nel 1903. Fin da giovane mostrò un talento eccezionale per le scienze, tanto da iscriversi a soli 16 anni al Politecnico di Milano, una delle istituzioni più prestigiose per l’ingegneria e la chimica in Italia. Si laureò nel 1924 in ingegneria chimica e, dopo un periodo di insegnamento, iniziò la sua carriera accademica, che lo avrebbe portato a ricoprire la cattedra di chimica industriale proprio al Politecnico.
La sua formazione fu caratterizzata da un equilibrio raro: una solida base teorica unita a una grande attenzione agli aspetti pratici e applicativi della chimica. Questo approccio gli permise di dialogare non solo con il mondo accademico, ma anche con l’industria, che avrebbe svolto un ruolo decisivo nella sua carriera.
L’incontro con i catalizzatori di Ziegler
La svolta arrivò negli anni Cinquanta, quando Natta iniziò a studiare i lavori del chimico tedesco Karl Ziegler, che aveva scoperto nuovi catalizzatori in grado di favorire la polimerizzazione delle olefine, cioè delle molecole semplici come l’etilene e il propilene.
I catalizzatori di Ziegler consentivano di ottenere polietilene a bassa pressione, un materiale innovativo e promettente. Natta comprese subito il potenziale di quella scoperta, ma non si limitò a replicarla: seppe migliorarla e indirizzarla verso risultati completamente nuovi.
Fu così che sviluppò una tecnica per produrre polimeri stereoregulari, cioè con una disposizione ordinata e controllata delle catene molecolari. In particolare, riuscì a sintetizzare il polipropilene isotattico, una plastica dalle proprietà straordinarie: resistente, leggera, trasparente e facilmente lavorabile.
Il Nobel per la Chimica del 1963
Il riconoscimento arrivò nel 1963, quando Natta e Ziegler furono insigniti del Premio Nobel per la Chimica “per le scoperte nel campo della chimica e della tecnologia dei polimeri”.
Il contributo di Natta fu quello di portare la scoperta dei catalizzatori a un livello superiore, rendendo possibile la produzione industriale di materiali completamente nuovi. Mentre Ziegler aveva posto le basi, Natta aveva costruito l’edificio, dimostrando come fosse possibile “progettare” le proprietà di una plastica a partire dalla sua struttura molecolare.
L’impatto fu enorme: nel giro di pochi anni il polipropilene isotattico iniziò a essere prodotto su larga scala dall’industria chimica italiana, grazie alla collaborazione con la Montecatini, e si diffuse rapidamente in tutto il mondo.
Una rivoluzione industriale e sociale
Il contributo di Natta non fu solo scientifico, ma anche industriale e sociale. Le sue ricerche diedero vita a una nuova generazione di plastiche, leggere ed economiche, che permisero la realizzazione di prodotti accessibili a tutti.
Basti pensare agli imballaggi alimentari, ai mobili in plastica, ai tessuti sintetici, agli elettrodomestici, alle componenti per auto e a infinite altre applicazioni. La cosiddetta “civiltà della plastica” nacque anche grazie al suo lavoro.
Naturalmente, questa rivoluzione portò con sé anche problemi ambientali che oggi conosciamo bene. Ma sarebbe ingiusto attribuirli a Natta: la sua scoperta fu uno strumento, e la responsabilità del suo utilizzo ricade sulla società e sull’industria. Resta il fatto che senza di lui non avremmo potuto sviluppare molti materiali indispensabili in medicina, nello sport, nelle energie rinnovabili o nelle tecnologie avanzate.
Un metodo, non solo una scoperta
Ciò che rese grande Natta non fu soltanto l’invenzione di un nuovo materiale, ma l’approccio scientifico che inaugurò. Per la prima volta, la chimica dei polimeri non era più una scienza empirica, basata su tentativi e prove, ma una disciplina capace di progettare materiali a partire dalla loro architettura molecolare.
Il concetto di “stereoregolarità” introdotto da Natta aprì la strada a una vera e propria ingegneria dei polimeri, che oggi è alla base di settori come la chimica dei materiali avanzati, la nanoscienza e le bioplastiche. In questo senso, il suo lascito è ancora attualissimo.
L’eredità di un Nobel
Giulio Natta continuò a insegnare e a fare ricerca anche dopo il Nobel, pur dovendo affrontare negli ultimi anni una grave malattia neurodegenerativa che lo costrinse a ridurre progressivamente la sua attività. Morì nel 1979, lasciando un patrimonio scientifico e industriale di immenso valore.
Il suo nome è oggi legato non solo a una scoperta, ma a un modo di intendere la chimica come scienza creativa, capace di inventare materiali nuovi e di trasformare la società. È grazie a lui se la chimica italiana ha avuto il suo posto d’onore nella storia del Premio Nobel, e se oggi il nostro Paese può vantare un contributo così decisivo a una delle più importanti rivoluzioni tecnologiche del Novecento.
Per concludere: un Nobel che ci riguarda tutti
Ogni volta che utilizziamo un contenitore di plastica, una siringa monouso, un capo in tessuto sintetico o un componente in polimero, stiamo beneficiando indirettamente del lavoro di Giulio Natta. La sua scoperta non è confinata ai laboratori o ai manuali di chimica, ma vive negli oggetti quotidiani e nei materiali che sostengono la nostra società.
Il Nobel del 1963 non premiò soltanto uno scienziato geniale, ma anche l’idea che la ricerca scientifica, quando incontra l’innovazione tecnologica e industriale, può cambiare il destino di intere generazioni.
Giulio Natta rimane, a oggi, l’unico italiano vincitore del Premio Nobel per la Chimica. Ma il valore della sua scoperta è tale da valere per molti: un’eredità che continua a influenzare la nostra vita e che mostra come la scienza italiana possa avere un impatto globale.
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