PERCHÉ L'INNOVAZIONE SPAVENTA TANTO LE IMPRESE?
Una recente ricerca sull'impatto della innovazione sulla vita personale e professionale degli imprenditori ha rilevato l’esistenza di un enorme divario tra l'impatto della tecnologia sulla vita personale e professionale, preoccupati anche riguardo al cambiamento della relazione tra uomo e macchina.
Il 70% dei consumatori ha dichiarato che la tecnologia ha avuto un impatto maggiore sulla propria vita personale rispetto alla propria vita professionale, particolarmente fra i millennial. Nonostante la quasi totalità delle persone sia d'accordo sul fatto che la tecnologia ha avuto un impatto positivo sulla propria vita sia personale che professionale, sono emerse le principali preoccupazioni.
- Il 53% ha affermato che il livello attuale di interazione con la tecnologia sta uccidendo l'arte di una buona conversazione, opinione più diffusa fra le donne (56%) che fra gli uomini (49%);
- Il 40% afferma che la tecnologia sta rendendo le persone più impazienti;
- Il 39% ha affermato che la tecnologia sta riducendo l'attenzione.
L’intelligenza artificiale è a sua volta causa di preoccupazioni, in particolare:
- il 34% si preoccupa che le macchine invadano la loro privacy;
- il 29% è preoccupato che le macchine sottraggano posti di lavoro agli uomini;
- il 21% è preoccupato che le macchine possano conquistare il mondo.
Le nuove tecnologie raccolgono enormi volumi di dati personali che le aziende utilizzano per sviluppare, commercializzare e vendere i loro prodotti e servizi. Un argomento quello dell’utilizzo dei dati personali che preoccupa l’83% degli intervistati; mentre al 53% non piace l'idea che le organizzazioni detengano le loro informazioni personali. La preoccupazione varia da Paese a Paese: i consumatori australiani (59%) e statunitensi (55%) sono i più preoccupati, i francesi invece lo sono meno (44%). Solo al 27% piace che le organizzazioni utilizzino i dati per personalizzare prodotti e servizi. Anche le opinioni sulla personalizzazione variano da un Paese all'altro, con gli intervistati in Francia (38%) che la apprezzano più di ogni altro Paese. In Australia la percentuale più bassa (20%).
Abbiamo chiesto cosa pensa Stefano Pigolotti, imprenditore e Professional Coach dell'innovazione, di questi timori e di come le imprese possono superare questo scoglio.
Guardi - spiega l'imprenditore Pigolotti - rispondo alla domanda citando le celebri leggi fondamentali sulla “Percezione del Progresso” di Douglas Adams, scrittore famoso soprattutto per l'opera Guida galattica per gli autostoppisti (peraltro citato spesso anche dal miliardario imprenditore Elon Musk, ad esempio nell'ultimo lancio dell'ultimo Falcon Heavy)
1 – Tutto quello che si trova nel mondo alla tua nascita è dato per scontato.
2 – Tutto quello che viene inventato tra la tua nascita e i tuoi trent’anni è incredibilmente eccitante e creativo e se hai fortuna puoi costruirci sopra la tua carriera.
3 – Tutto quello che viene inventato dopo i tuoi trent’anni è un’offesa all’ordine naturale delle cose, è l’inizio della fine della civiltà e solo dopo essere stato in circolazione per almeno dieci anni torna a essere abbastanza normale.
L'innovazione spaventa chi non è abitato a rimettersi in gioco, ma il mondo sta cambiando. Un dato annunciato dalla Confcommercio un paio di mesi fa spiega come l'innovazione digitale sia ancora lenta nelle Pmi italiane. Un limite tipico delle iniziative commerciali e produttive italiane rispetto alla concorrenza straniera, dove le imprese sono molto più propense a utilizzare la tecnologia. Il 59,4% delle imprese italiane si ritiene abbastanza tecnologica, ma solo il 17,9% crede di aver raggiunto un livello molto alto di innovazione digitale.
Una buona percezione del proprio livello di digitalizzazione si rileva nel nord-ovest e nel sud, ma è il nord-est a ritenersi molto tecnologico (20,9%). Sono i dati che emergono dalla ricerca annuale del Digital Transformation Institute sugli impatti, le opportunità e la percezione
da parte dei giovani imprenditori italiani, presentata oggi al decimo Forum nazionale dei giovani imprenditori di Confcommercio.
Stefano Pigolotti
Guardando a questi dati è evidente come uscendo dal circolo autoreferenziale di aziende, esperti e consulenti che parlano di innovazione ed entrando nel Paese reale ci sia un problema che non è solo di competenze, ma addirittura di conoscenza dei temi e di consapevolezza rispetto ad un intero contesto tecnologico. In molte delle nostre aziende non mancano le competenze rispetto a temi che hanno individuato ma manca del tutto la consapevolezza che esistano degli scenari di trasformazione, ignorando i quali non solo si perdono opportunità, ma si corrono rischi.ì
L'ex Presidente degli Stati Uniti Barak Obama disse una cosa che è una grande verità universale: "Un paese ha successo ed è prospero solo quando investe nei propri ricercatori e rispetta l'integrità del processo di ricerca tecnica-scientifica" Il mondo sta cambiando, cambia rapidamente. Le imprese che vogliono competere nel mercato globale hanno necessità di sviluppare un ambiente di lavoro, una cultura aziendale che incoraggi e ricompensi la creatività innovativa di tutti i dipendenti. Se l’impresa vuole essere veramente competitiva deve riuscire a creare un ambiente di lavoro nel quale l’intera forza lavoro partecipi e contribuisca alla pratica innovativa. Per creare un “ambiente culturale” favorevole all’innovazione il management e le proprietà dell’impresa devono essere consapevoli e convinti che l’unica versa risorsa competitiva per l’impresa, nella società dell’informazione e dei servizi è, “la conoscenza” che l’organizzazione nel suo complesso è in grado di esprimere in periodi di tempo sempre più limitati.
Oggi i media bombardano le imprese con messaggi che parlano di innovazioni tecnologiche. L’Internet of Things, l’iCloud, i Big Data, il 3D Printing, l’uberization, la disruption, la manifattura e l’Industria 4.0. E di fronte a questa tensione da conoscenza tendono fisiologicamente a comportarsi in modi molto comuni.
Teniamo presente che in natura e anche sul mercato non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che di adatta meglio al cambiamento. Partendo dalla frase tratta dall’opera di Charles Darwin sullo studio dell’evoluzione, vogliamo porre in evidenza il tema dell’innovazione, intesa non tanto come possibilità, ma come vera e propria necessità. Una esigenza contemporaneamente motore e opportunità, in quanto innovare non è un esercizio fine a se stesso, ma è indispensabile per la sopravvivenza stessa delle imprese, perché consente loro di ritagliarsi un vantaggio tramite prodotti, procedimenti o servizi rivolti al futuro.
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