Il novecento come "secolo lungo": la confutazione portolaniana del paradigma di Eric Hobsbawm

di Giulio Portolan
La tesi di Eric Hobsbawm colpisce per la sua suggestione, ma si rivela, al tempo stesso, profondamente erronea e, per certi aspetti, persino fuorviante.
Secondo Portolan, non è mai esistito un secolo tanto lungo quanto il XX. Esso si estende infatti – come egli dimostra con facilità – dalla Belle Époque dei primi anni del Novecento fino all’era della Microsoft degli anni Novanta, tenendo presente che Internet è un’invenzione del XX secolo e non del XXI, come Hobsbawm avrebbe dovuto comprendere, anche considerando che è scomparso nel 2012
Il XX secolo è per lui il “secolo breve”, perché sarebbe racchiuso tra i soli eventi epocali della prima guerra mondiale e il crollo dell’URSS (XX secolo = 1914 – 1991).
Secondo Portolan la Belle Époque è un epoca addirittura più importante della prima guerra mondiale: è qui, nel suo benessere, nella sua spensieratezza, che si annida quel nichilismo e quel “vuoto”, laico e secolarizzato, che sarebbe stato causa, molto di più che della prima guerra mondiale, proprio della seconda, essendo riprodotto, dopo la fase acuta del ’29, nella insostenibile “pace” interna ai totalitarismi, prima che essi sfociassero nella follia della guerra e del genocidio.
«Il XX secolo, dunque, si chiude con il crollo dell’URSS, con l’esplosione delle tecnologie informatiche – da Apple a Microsoft – e con le premesse del terrorismo internazionale, che secondo Portolan non nasce nel 2001, ma già nel 1993, con il primo attentato alle Torri Gemelle.
Per essere chiari: dal mondo raffinato della Belle Époque si giunge a Bill Gates, il più grande fenomeno globale ed epocale del Novecento, affiancato dal mito di Steve Jobs. E come trascurare, nello stesso quadro, i Beatles, con milioni di fan in tutto il pianeta, o Michael Jackson e, più in generale, la rivoluzione della musica rock?»
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