David Baltimore, il Nobel che ha rivoluzionato la biologia molecolare

Il 6 settembre è scomparso David Baltimore, premio Nobel e figura centrale della biologia molecolare. Con la scoperta della trascrittasi inversa ha rivoluzionato lo studio dei virus e dei tumori, aprendo strade decisive per la medicina moderna.

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Di Bob Paz - Bob Paz, CC BY-SA 3.0, Link

Baltimore si è distinto per la vastità e profondità delle sue ricerche. Nei suoi oltre 800 articoli ha analizzato i retrovirus, le loro polimerasi, i meccanismi con cui si integrano nel genoma e la loro capacità di indurre tumori. Ha studiato come cellule infettate producano immunoglobuline, contribuendo a chiarire i processi di ricombinazione alla base del sistema immunitario.

Il passo più celebre della sua carriera arriva nel 1970, quando dimostra l’esistenza della trascrittasi inversa, enzima capace di convertire l’RNA in DNA, mettendo in crisi il dogma centrale della biologia. Questa scoperta, condivisa con Howard Temin e premiata con il Nobel nel 1975 insieme a Renato Dulbecco, aprì la via allo studio degli oncogeni: geni cellulari normali che, se deregolati, diventano promotori di tumori.

Negli anni ’80 Baltimore si dedicò all’HIV, contribuendo a chiarire il funzionamento dei geni del virus responsabile dell’AIDS. In seguito ampliò i suoi interessi allo studio dell’infiammazione, identificando NF-kB come regolatore chiave delle risposte immunitarie. La sua curiosità scientifica lo portò a spaziare continuamente, pubblicando instancabilmente anche dopo aver guidato istituzioni di primo piano come il Whitehead Institute, il Caltech e la Rockefeller University.

Oltre alla ricerca, Baltimore ebbe un ruolo etico e politico. Nel 1975 fu tra i promotori della Conferenza di Asilomar, in cui i biologi molecolari discussero le implicazioni della manipolazione del DNA. Celebre anche la sua scelta di sospendere temporaneamente gli esperimenti che lo avrebbero condotto al Nobel per protestare contro l’invasione americana della Cambogia.

La sua visione scientifica emerge anche da un breve articolo del 1987, in cui sottolineava come le scoperte sugli oncogeni avrebbero richiesto tempo per tradursi in terapie. Una previsione confermata: solo decenni dopo la ricerca ha iniziato a produrre farmaci mirati e terapie a mRNA capaci di colpire direttamente quei geni.

Il lascito di Baltimore non è solo nelle scoperte, ma nell’idea che comprendere i meccanismi della vita sia essenziale, anche se l’applicazione non è immediata. La sua carriera dimostra che la ricerca è un investimento a lungo termine, capace di generare trasformazioni imprevedibili e decisive per la salute umana.

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