Costruire futuro: l’INBAR porta a B-CAD Roma 2025 la bioarchitettura come atto etico e collettivo
All’inaugurazione di B-CAD Roma 2025, svoltasi il 19 settembre alla Nuvola, l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (INBAR ETS) ha lanciato un messaggio chiaro: il futuro si costruisce con la bellezza del “fare bene”, intesa non come estetica fine a sé stessa, ma come risultato di un processo etico e collettivo.
La presidente nazionale Anna Carulli ha posto al centro l’identità mediterranea come paradigma progettuale, capace di coniugare innovazione, decarbonizzazione e responsabilità sociale. In un’epoca segnata da standardizzazione globale, ha sottolineato l’importanza di un’architettura radicata nei paesaggi e nella cultura locale.
Il consigliere Giò Dardano ha rilanciato la necessità di un “codice della bellezza e dell’armonia”: non un ritorno a rigide proporzioni, ma un principio unificante che restituisca coerenza culturale all’architettura, oggi troppo spesso frammentata e piegata ai soli parametri tecnici.
Il presidente della Commissione Comunicazione Piero Luigi Carcerano ha poi presentato tre progetti emblematici: il restauro del Castello di Rivoli e la sala ipogea di Palazzo Carignano a Torino, realizzati con Andrea Bruno, e il progetto Sino-German a Zibo in Cina. Interventi che dimostrano come la sostenibilità significhi non solo efficienza energetica, ma anche capacità di connettere memoria, innovazione e comunità.
Il programma INBAR 2025-2027, che include linee guida per la progettazione rigenerativa, certificazioni ecologiche, la piattaforma INBAR Hub e sportelli ambientali diffusi sul territorio, si propone come un vero manifesto culturale: la bioarchitettura non come settore specialistico, ma come orizzonte disciplinare indispensabile.
La conclusione è netta: costruire è un atto collettivo e politico. Ogni edificio incide sulla società e sull’ambiente. La vera bellezza, ha ribadito l’INBAR, nasce dall’armonia tra natura e cultura, memoria e innovazione, individuo e comunità. Un impegno etico che restituisce all’architettura la sua dimensione sociale, trasformandola in bene comune.
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