Hesse: il Nobel che amava prendersi cura del giardino

Grande scrittore conosciuto e letto in tutto il mondo, il premio Nobel per la Letteratura dell’anno 1946, era un ecologista ante litteram, trovava tra fiori e ortaggi la sua via alla saggezza e all’armonia. Nel corso della sua lunga vita ha scritto moltissimo e di tutto: trentadue tra romanzi e raccolte di racconti; quindici raccolte di poesie; si è interessato di pittura, filosofia, comprese quelle orientali legate al buddismo e all’induismo.



A Lugano, sulla collina della Montagnola, si trova un luogo che conserva intatta la memoria di Hermann Hesse: il museo dedicato al grande autore di Siddharta, premio Nobel per la letteratura nel 1946. L’edificio, che fu anche la sua residenza, domina il lago e le montagne del Canton Ticino ed è oggi una delle mete più amate da lettori e curiosi. Qui si organizzano letture, mostre e incontri, ma anche passeggiate tra le tracce più intime della vita di Hesse: la sua passione per il giardinaggio.

Il direttore del museo, Marcel Henry, ricorda come Hesse fosse profondamente legato al mondo vegetale: non un semplice passatempo, ma una vera e propria filosofia di vita. I suoi fiori preferiti erano le zinnie, i girasoli, le dalie, i nasturzi e i garofani, senza dimenticare i narcisi, che evocavano in lui il ricordo della madre. Tra gli alberi e le piante che amava, spiccava la magnolia, simbolo per lui di vitalità estiva, e l’iris, al quale dedicò persino una fiaba scritta per la moglie Mia Bernoulli.

Hesse prediligeva i giardini misti, capaci di unire l’utile all’estetico: orti e aiuole di fiori, alberi da frutto e cespugli di bacche. Nei suoi scritti descriveva accuratamente gli accostamenti cromatici delle aiuole, immaginando armonie di blu, bianco e rosso. Per lui, coltivare un giardino non era solo decorare uno spazio, ma un atto di equilibrio e resistenza interiore.

In tempi in cui parlare di ecologia non era ancora comune, Hesse vedeva nel prendersi cura della terra un gesto di saggezza e fiducia nella vita. Amare la natura significava per lui rispettarla quotidianamente, riconoscerne i ritmi, imparare dalla sua ciclicità fatta di crescita e declino. Il suo pensiero, oggi, appare straordinariamente attuale: una visione che anticipa i temi della sostenibilità e della cura per la biodiversità.

Seguire le sue orme non richiede grandi spazi: anche un balcone può trasformarsi in rifugio verde, popolato da girasoli, erbe aromatiche o semplici zinnie. L’importante è intrecciare utilità e bellezza, creando un piccolo ecosistema che diventi non solo nutrimento, ma anche luogo dell’anima.

In questo atteggiamento, il giardino diventa metafora della vita: un invito a rallentare, osservare e accettare il misterioso ciclo dell’esistenza. Una visione che richiama alla mente il film Oltre il giardino (Being There) con Peter Sellers e Shirley MacLaine, in cui la semplicità e la saggezza del giardiniere Chance diventano chiave per comprendere il mondo. Anche per Hesse, infatti, coltivare un fiore o un orto significava coltivare se stessi: trovare, nella cura della terra, un insegnamento universale di umiltà e misura.

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