Italia: eccellenza nella ricerca, frena sui brevetti


 


Come il nostro Paese eccelle nella ricerca ma perde terreno nella corsa all’innovazione commerciale


La contraddizione italiana

L’Italia è un caso da manuale di paradosso economico: eccellenza riconosciuta nella ricerca scientifica, ma scarso impatto quando si tratta di trasformare idee in innovazioni brevettate.
Secondo un’analisi della Banca d’Italia, il nostro sistema accademico produce risultati di primo livello, soprattutto nelle discipline STEMScience, Technology, Engineering, Mathematics — pur partendo da un livello di finanziamenti pubblici tra i più bassi in Europa.


Crescita record nelle pubblicazioni

Tra il 2009 e il 2023, le pubblicazioni italiane in ambito STEM sono aumentate del 60%, con particolare forza nelle scienze mediche. Un traguardo che assume più valore se letto nel contesto globale: mentre la Cina accelerava fino a conquistare il 35% delle pubblicazioni di qualità mondiali e Stati Uniti ed Europa scendevano entrambi sotto il 20%, l’Italia ha mantenuto una quota stabile del 3%, migliorando però il volume e la qualità delle ricerche.


Il nodo: trasformare idee in brevetti

Ed è qui che il meccanismo si inceppa. I brevetti italiani, specialmente nei settori a più alta crescita — dalle biotecnologie all’intelligenza artificiale — restano pochi.
Perché?

  • Investimenti privati insufficienti nella ricerca applicata.

  • Scarso coordinamento tra università e imprese.

  • Burocrazia e tempi lunghi per la registrazione dei brevetti.

  • Una cultura imprenditoriale poco propensa a rischiare e a valorizzare le scoperte scientifiche.

Il risultato? Un patrimonio di idee che troppo spesso resta confinato sulle pagine delle riviste accademiche, pronto a essere sfruttato da Paesi più rapidi nel proteggere e sviluppare l’innovazione.


Un freno alla competitività

In un’economia globale in cui l’innovazione è la principale leva di crescita, non brevettare significa perdere vantaggi strategici.
Ogni scoperta scientifica che non trova protezione legale è un’opportunità di mercato lasciata ad altri, un pezzo di competitività che scivola oltre confine. Questo gap pesa non solo sul PIL, ma anche sulla capacità di creare occupazione qualificata e attrarre investimenti internazionali.


Le mosse per cambiare rotta

Colmare il divario tra ricerca e brevetti non è impossibile, ma richiede una strategia coordinata:

  • Più investimenti pubblici e privati nella ricerca applicata.

  • Incentivi fiscali per chi brevetta in Italia.

  • Procedure semplificate per registrare brevetti e rafforzare gli uffici di trasferimento tecnologico universitari.

  • Partnership pubblico-private per connettere scienziati e imprenditori.

  • Formazione di manager dell’innovazione in grado di portare un’idea dal laboratorio al mercato.


Un potenziale da liberare

Il capitale umano in Italia non manca: i ricercatori italiani hanno dimostrato di poter competere con i migliori al mondo. Quello che manca è un ecosistema dell’innovazione che trasformi questa forza in valore economico, proteggendo e sviluppando le scoperte sul suolo nazionale.

Se il Paese riuscirà a compiere questo salto, potrà diventare non solo un grande produttore di idee, ma anche un leader nella loro applicazione. Altrimenti resteremo il laboratorio del mondo… per innovazioni che altri porteranno a profitto.

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