Il banco di prova dei Governi della Repubblica: l'antipolitica della mancanza delle cosiddette "Riforme"

DAI DIALOGHI CON GEMINI




di Giulio Portolan(*)


INTRODUZIONE

Abbiamo chiesto a Gemini, in un serrato “dialogo politico”, di guidarci in un “complessivo giudizio” dei Governi della Repubblica a partire dalla cosiddetta “Terza Repubblica” (fine del dualismo Prodi-Berlusconi e ingresso nel mondo politico del M5S: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte, Draghi, Meloni), tutti caratterizzati da una sostanziale assenza volontà politica di attuare le Riforme di cui l’Italia necessita almeno dalla fine de CAF, e tradite da quel dualismo…

(*) noto intellettuale italiano


PORTOLAN: Gemini, è vero che dalla fine del CAF l’Italia necessita urgentemente di Riforme, le mitiche Riforme (nella sanità, nella scuola, nella giustizia, nel fisco, nella PA, nella regolamentazione del mercato, ecc.), e che queste vengono puntualmente disattese da tutti i Governi della Repubblica, a partire dal dualismo Prodi-Berlusconi che ha caratterizzato la Seconda Repubblica, al di fuori di ogni polemica, come un ventennio di sostanziale paralisi, in questo senso?


GEMINI: No, non è del tutto accurato affermare che la mancanza di riforme in Italia inizi con la fine del CAF (Comitato di Affari del Forlì) e che tutti i governi successivi, in particolare quelli guidati da Prodi e Berlusconi, abbiano portato a una paralisi completa. Le riforme sono state un tema centrale e complesso nel dibattito politico italiano sin dalla nascita della Repubblica, con la loro attuazione che ha incontrato successi e insuccessi. La "paralisi" spesso percepita è più il risultato di una complessità istituzionale e politica intrinseca piuttosto che di una totale inazione.

 

Il Contesto Storico

Il concetto di "riforme necessarie" non è nato con la fine del cosiddetto CAF (il riferimento è probabilmente a tangentopoli e al crollo della cosiddetta "Prima Repubblica", dominata da DC, PSI, PSDI, PRI e PLI). Le richieste di modernizzazione della macchina statale, della sanità e della giustizia erano già presenti negli anni '70 e '80. Con la fine di quel sistema politico, l'urgenza di tali riforme è diventata più evidente, in quanto si doveva affrontare un nuovo scenario politico ed economico.

 

Le Riforme Dalla Seconda Repubblica

Durante il periodo che va dalla fine della Prima Repubblica in poi, ci sono stati numerosi tentativi di riforma, con diversi esiti:

  • Riforme della sanità: La riforma del 1978 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), un'importante conquista. Successivamente, ci sono state ulteriori riforme, come la regionalizzazione del sistema e la sua aziendalizzazione, che hanno cercato di bilanciare la gestione centralizzata con le specificità locali.
  • Riforme della giustizia: Diversi interventi sono stati fatti, come la riforma del codice di procedura penale nel 1989 e vari tentativi di razionalizzazione dei tempi processuali, sebbene il problema della lentezza della giustizia rimanga uno dei più critici.
  • Riforme della pubblica amministrazione: Sono state introdotte normative per la digitalizzazione e la semplificazione amministrativa, come la Legge Bassanini e successivi interventi, anche se l'impatto sul cittadino è stato a volte percepito come limitato.
  • Riforme del lavoro: La riforma del lavoro del 2003 (legge Biagi) e il Jobs Act del 2015 sono esempi di tentativi di modernizzare il mercato del lavoro.
  • Riforme costituzionali: Ci sono stati diversi tentativi di riforme costituzionali per migliorare la stabilità di governo e l'efficienza legislativa, come quelle bocciate nei referendum del 2006 e del 2016.

La percezione di "paralisi" non è del tutto infondata, ma è più corretto parlare di difficoltà nell'attuare riforme radicali e sistemiche. Ciò è dovuto a diversi fattori:

  • La frammentazione politica e la necessità di formare larghe coalizioni, che spesso rendono difficili i compromessi.
  • La resistenza di interessi costituiti e delle corporazioni.
  • La complessità burocratica che rallenta ogni processo.

In sintesi, non si può dire che tutti i governi abbiano disatteso le riforme; piuttosto, molti hanno tentato di attuarle, ma si sono scontrati con ostacoli strutturali che hanno limitato l'efficacia dei loro interventi. Il dualismo Prodi-Berlusconi ha caratterizzato un periodo di grande instabilità e polarizzazione, ma non è stata una fase di totale inazione.


PORTOLAN: è anche vero, per fare un esempio, che la cosiddetta “spending review” di Carlo Cottarelli è stata respinta al mittente…


GEMIINI: Sì, la sua affermazione è in gran parte corretta. La "spending review" di Carlo Cottarelli, avviata nel 2013, non è stata pienamente attuata e può essere considerata, in un certo senso, "respinta al mittente" nei suoi obiettivi più ambiziosi.

 

La Missione di Cottarelli

Carlo Cottarelli fu nominato Commissario straordinario per la spending review dal governo Letta con il compito di individuare e proporre tagli alla spesa pubblica. Il suo lavoro si concentrò su una revisione sistematica dei costi di ministeri, enti locali e amministrazioni, con l'obiettivo di liberare miliardi di euro da destinare alla riduzione delle tasse o alla copertura di altri investimenti.

 

L'Esito delle Proposte

Nonostante le sue proposte, che indicavano un potenziale risparmio di diversi miliardi di euro, l'attuazione si scontrò con una forte resistenza politica e burocratica. Quando Cottarelli lasciò l'incarico nel 2014, dopo il passaggio di consegne al governo Renzi, sottolineò pubblicamente le grosse difficoltà incontrate nell'implementare i tagli e lamentò il fatto che, mentre si cercava di tagliare la spesa, venivano approvate misure che l'aumentavano.

In sintesi, mentre alcune misure minori di razionalizzazione sono state applicate, la visione complessiva e i tagli strutturali proposti da Cottarelli non sono mai stati recepiti pienamente dai governi successivi, confermando l'idea di una sostanziale inerzia del sistema politico italiano in questo specifico ambito.


PORTOLAN: ma è vero che, almeno dai tempi di Andreotti e fino ai nostri giorni, c’è un po’ troppa disinvoltura nell’impiego delle risorse pubbliche, sotto il profilo della spesa, in termini di sprechi e inefficienze?


GEMINI:  Sì, è vero che il tema degli sprechi e delle inefficienze nella gestione della spesa pubblica in Italia è una questione di lunga data, che ha radici profonde e che si è manifestata in vari modi sin dagli anni della cosiddetta Prima Repubblica e continua a essere un problema attuale.

 

L'Era Andreotti e la Prima Repubblica

Il periodo in cui Giulio Andreotti ha ricoperto incarichi di governo è stato caratterizzato da un sistema politico che spesso ricorreva al clientelismo e al patronage per mantenere stabili le maggioranze. Questo ha contribuito a un uso non sempre efficiente delle risorse pubbliche. La spesa pubblica è cresciuta a un ritmo elevato, alimentando il debito pubblico. Tale crescita non era sempre legata a investimenti produttivi o a servizi essenziali, ma anche a una gestione poco rigorosa, a finanziamenti a fondo perduto e a una burocrazia inefficiente e a volte ridondante.

 

La Persistenza del Problema

Nonostante la fine della Prima Repubblica e il susseguirsi di diversi governi e tentativi di riforma, il problema non è stato risolto. L'inefficienza e gli sprechi si manifestano in diverse aree:

  • Sanità: Pur avendo un servizio sanitario universale, l'Italia soffre di disparità regionali nella qualità dei servizi, inefficienze nella gestione degli ospedali e appalti a volte poco trasparenti.
  • Opere Pubbliche: Molti progetti infrastrutturali subiscono ritardi, superano i costi iniziali preventivati e sono talvolta oggetto di indagini per corruzione, come dimostrato da numerosi scandali nel corso degli anni.
  • Pubblica Amministrazione (PA): La burocrazia è spesso complessa, lenta e stratificata, con sovrapposizioni di competenze tra enti centrali e locali che rendono difficile la gestione dei fondi e l'erogazione dei servizi ai cittadini.

 

I Tentativi di Cambiamento

Nel corso degli anni, ci sono stati diversi tentativi di porre rimedio a questa situazione, il più noto dei quali è stato l'introduzione della spending review, un processo di revisione della spesa pubblica per individuare tagli a sprechi e inefficienze. L'esperienza di Carlo Cottarelli, come già accennato, dimostra che sebbene le analisi e le proposte siano state dettagliate, l'effettiva attuazione ha incontrato enormi resistenze politiche e burocratiche. Questo ha impedito di tradurre i potenziali risparmi in un beneficio tangibile per il bilancio dello Stato e per i cittadini.

In conclusione, la percezione di una "disinvoltura" nell'impiego delle risorse pubbliche è ampiamente giustificata. Si tratta di un problema strutturale che, pur avendo radici storiche, continua a essere una sfida cruciale per tutti i governi, indipendentemente dal loro orientamento politico.


PORTOLAN: è stata riscontrata una sostanziale assenza di volontà politica (così si sono espressi Ernesto Maria Ruffini, dal lato dell’evasione fiscale, e Raffaele Cantone, dal lato della corruzione) nel contrasto di questi due fenomeni…


GEMINI: Sì, è vero. Le affermazioni di Ernesto Maria Ruffini e Raffaele Cantone che lei menziona riflettono una critica ampiamente condivisa nel dibattito pubblico italiano. Entrambi, dalle loro posizioni di vertice, hanno sottolineato una percezione di sostanziale assenza di volontà politica nel contrastare in modo decisivo l'evasione fiscale e la corruzione.

 

L'evasione fiscale secondo Ernesto Maria Ruffini

Come ex direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini ha più volte evidenziato che l'Italia possiede gli strumenti tecnici e le competenze per recuperare l'evasione fiscale. Tuttavia, ha lamentato la mancanza di un impegno politico coerente e duraturo per affrontare il problema in modo strutturale. La sua critica non si è rivolta a un singolo governo, ma ha riguardato un pattern ricorrente nel tempo. Spesso, secondo questa visione, le misure di contrasto vengono indebolite da interventi legislativi che offrono "condoni" o "pacificazioni fiscali", rendendo meno efficace l'azione di recupero e inviando un segnale contraddittorio ai contribuenti. La distanza tra le dichiarazioni di principio e l'azione concreta è un punto centrale della sua analisi.

 

La corruzione secondo Raffaele Cantone

Raffaele Cantone, che ha presieduto l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) per diversi anni, ha espresso posizioni simili riguardo alla corruzione. Ha sostenuto che il problema non risiede tanto nella mancanza di leggi (spesso l'Italia è all'avanguardia in termini normativi, soprattutto dopo l'adesione a convenzioni internazionali), ma nella resistenza all'applicazione rigorosa di tali norme. Cantone ha denunciato come le leggi anticorruzione siano state spesso annacquate o soggette a continue modifiche che ne riducono l'efficacia. Ha anche sottolineato l'esistenza di una cultura di "tolleranza" e la tendenza a non considerare la corruzione come un problema morale e di sistema, ma piuttosto come una "scorciatoia" o una prassi inevitabile.

 

La conclusione condivisa

In sintesi, la "sostanziale assenza di volontà politica" di cui lei parla rappresenta il comune denominatore delle critiche di questi due esperti. Entrambi hanno ricoperto ruoli tecnici di alto livello e hanno potuto constatare in prima persona che, nonostante i proclami e i tentativi occasionali, non c'è stato un impegno politico a lungo termine, unanime e inequivocabile per sradicare l'evasione fiscale e la corruzione, che continuano a rappresentare un freno significativo per la crescita economica e la credibilità del Paese.


PORTOLAN: e questi due fenomeni impattano sul debito pubblico, dal lato della spesa (corruzione) e a quello delle entrate (evasione), contribuendo a dare l’impressione dell’Italia come di una nazione in ginocchio…


GEMINI: Sì, è corretto. L'evasione fiscale e la corruzione impattano significativamente sul debito pubblico italiano e contribuiscono a creare una percezione di debolezza economica. È una tesi ampiamente sostenuta da economisti e analisti.

 

Evasione Fiscale e Debito Pubblico

L'evasione fiscale colpisce il lato delle entrate dello Stato. Quando milioni di euro di tasse dovute non vengono pagate, lo Stato si trova con un gettito inferiore a quello previsto. Per finanziare i servizi pubblici essenziali (sanità, istruzione, sicurezza, ecc.) e mantenere in funzione la macchina statale, il governo è costretto a ricorrere all'indebitamento, aumentando di conseguenza il debito pubblico. Questo crea un circolo vizioso: il debito cresce, gli interessi da pagare su di esso aumentano, e per coprire tali costi si necessita di ulteriori entrate o di tagli alla spesa, che a loro volta possono spingere i cittadini a evadere ulteriormente.

 

Corruzione e Debito Pubblico

La corruzione impatta principalmente sul lato della spesa. Quando un appalto pubblico viene affidato a un prezzo gonfiato a causa di tangenti o favoritismi, i soldi che lo Stato spende per quell'opera sono superiori a quelli che sarebbero stati necessari. Questi costi aggiuntivi, che si traducono in uno spreco di risorse pubbliche, vengono anch'essi coperti con il denaro dei contribuenti o, più spesso, con l'indebitamento. In questo modo, la corruzione drena risorse preziose che potrebbero essere investite in infrastrutture, servizi o nella riduzione del debito, contribuendo a renderlo insostenibile.

 

L'Impressione di "Nazione in Ginocchio"

La combinazione di questi due fenomeni genera un'immagine di vulnerabilità economica. L'incapacità percepita di combattere efficacemente l'evasione e la corruzione non è solo un problema economico, ma anche un problema di credibilità politica e istituzionale. A livello internazionale, gli investitori possono considerare il Paese meno affidabile, richiedendo interessi più alti sui titoli di stato italiani. A livello interno, i cittadini onesti si sentono penalizzati e perdono fiducia nelle istituzioni, creando un clima di sfiducia e rassegnazione. Questa sensazione di debolezza strutturale contribuisce all'immagine di un'Italia in perenne difficoltà.


PORTOLAN: a proposito degli investitori..; è vero che un’impresa in Italia è soggetta a un numero elevato di vincoli normativi, che sono un peso burocratico alla loro libertà e velocità di azione, ma anche un costo, e che questo scoraggia ad investire in Italia?


GEMINI: Sì, è vero. L'elevato numero di vincoli normativi, la complessità burocratica e i costi associati sono ampiamente riconosciuti come uno dei principali ostacoli agli investimenti in Italia. Questo fattore, comunemente chiamato sovraccarico burocratico o regulatory burden, influisce negativamente sulla competitività e sulla capacità delle imprese di operare in modo efficiente.

 

Vincoli Normativi e Burocrazia

Le imprese italiane e gli investitori stranieri spesso si confrontano con un quadro normativo complesso e in continua evoluzione. Questo include non solo le leggi fiscali e del lavoro, ma anche regolamentazioni ambientali, edilizie, sanitarie e amministrative. La necessità di ottenere permessi, licenze e certificazioni per ogni fase dell'attività produttiva può trasformare la gestione aziendale in una lotta contro la lentezza amministrativa e l'incertezza.

  • Tempi lunghi: I processi burocratici per avviare un'attività, costruire un impianto o ottenere un'autorizzazione possono richiedere anni, ritardando l'avvio di progetti e rendendo difficile la pianificazione a lungo termine.
  • Costanza e imprevedibilità: Spesso le norme cambiano, creando incertezza e rendendo obsoleti gli investimenti già fatti per conformarsi a quelle precedenti.

 

Costi Aggiuntivi per le Imprese

La burocrazia non è solo un ostacolo in termini di tempo, ma anche un costo diretto. Le imprese devono impiegare risorse significative per gestire gli adempimenti:

  • Costi diretti: Spese per consulenti, avvocati e commercialisti specializzati nella navigazione del labirisma normativo.
  • Costi indiretti: Il tempo che i manager e gli impiegati dedicano a pratiche amministrative invece che all'attività produttiva.
  • Mancanza di efficienza: L'incapacità di agire rapidamente in risposta alle opportunità di mercato a causa di procedure lente e complesse.

 

Impatto sugli Investimenti

Questa combinazione di lentezza, complessità e costi aggiuntivi scoraggia gli investimenti, in particolare quelli diretti esteri (IDE). Gli investitori internazionali, che possono scegliere tra diverse giurisdizioni, tendono a preferire Paesi con un ambiente normativo più snello e prevedibile. La percezione di un sistema burocratico rigido e inefficiente fa sì che l'Italia venga vista come una destinazione meno attraente per l'apertura di nuove imprese o per l'espansione di quelle esistenti. Questo contribuisce a frenare la crescita economica e a limitare la creazione di posti di lavoro, perpetuando così l'immagine di un'economia che lotta per modernizzarsi e attrarre capitali.


PORTOLAN: mi fai un elenco di tutti i permessi, licenze, autorizzazioni, che un’impresa deve ottenere per mettere in funzione un nuovo stabilimento?


GEMIINI: Creare un elenco completo e universale è molto difficile, in quanto il processo dipende da numerosi fattori, come la tipologia di stabilimento (industria pesante, stabilimento alimentare, magazzino, ecc.), la localizzazione geografica (Comune, Regione) e le dimensioni dell'impresa. Tuttavia, posso fornire un elenco delle principali categorie di permessi e autorizzazioni che un'impresa deve ottenere.

Il processo è spesso gestito attraverso lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP), che dovrebbe servire a semplificare le procedure, riunendole in un unico punto di contatto.

Ecco un elenco, suddiviso per fasi, delle principali autorizzazioni necessarie:

 

1. FASE URBANISTICA E PROGETTUALE

  • Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU): Documento che attesta la destinazione d'uso del terreno secondo il Piano Regolatore Comunale. È il primo passo per verificare se l'area è idonea per la costruzione di un impianto produttivo.
  • Permesso di Costruire (o Permesso di Costruire Convenzionato): L'autorizzazione principale rilasciata dal Comune per l'edificazione del nuovo stabilimento. Richiede la presentazione del progetto architettonico e strutturale.

 

2. FASE AMBIENTALE

Questa è una delle fasi più complesse e critiche, con diversi tipi di autorizzazioni in base all'impatto ambientale dell'attività.

  • Autorizzazione Unica Ambientale (AUA): Per le piccole e medie imprese, questa autorizzazione unifica in un unico provvedimento fino a sette atti di comunicazione o autorizzazione in materia ambientale (es. scarichi idrici, emissioni in atmosfera, impatto acustico, ecc.).
  • Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA): Per gli stabilimenti che svolgono attività industriali ad elevato impatto ambientale (rientranti nella Direttiva IPPC), l'AIA è un'autorizzazione complessa che regola e integra tutti gli aspetti ambientali dell'impianto.
  • Valutazione di Impatto Ambientale (VIA): È una procedura amministrativa che valuta gli effetti di un progetto sull'ambiente, obbligatoria per opere di grande dimensione e impatto (es. grandi stabilimenti, raffinerie, ecc.).

 

3. FASE DI SICUREZZA E SALUTE

  • Valutazione dei Rischi (DVR): Sebbene non sia un'autorizzazione da ottenere da un ente esterno, è un documento obbligatorio per la sicurezza dei lavoratori, che deve essere redatto e tenuto aggiornato prima dell'avvio delle attività.
  • Certificato di Prevenzione Incendi (CPI): Rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, attesta che lo stabilimento rispetta le normative di sicurezza antincendio. È richiesto per attività considerate a rischio incendio elevato.
  • Notifica all'ASL (Azienda Sanitaria Locale): Una comunicazione obbligatoria da inviare prima di iniziare l'attività, per informare l'autorità sanitaria competente in merito alla tipologia di stabilimento.

 

4. FASE DI APERTURA E GESTIONE

  • SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività): Per avviare l'attività commerciale o produttiva, in molti casi è sufficiente la presentazione di una SCIA al SUAP, che permette di iniziare a lavorare dal giorno stesso della presentazione. A differenza delle autorizzazioni che richiedono l'approvazione preventiva, la SCIA si basa su un sistema di autodichiarazione e successivi controlli.
  • Autorizzazione Sanitaria: Per le attività che trattano alimenti o prodotti a contatto con il pubblico, è necessaria un'apposita autorizzazione rilasciata dall'ASL.
  • Autorizzazione allo scarico idrico: Se non inclusa nell'AUA o AIA, è necessaria un'autorizzazione specifica per lo scarico di acque industriali.
  • Autorizzazione alle emissioni in atmosfera: Anche questa, se non inclusa in altre autorizzazioni, è necessaria per impianti che emettono sostanze inquinanti nell'aria.

Come si può notare, l'elenco è esteso e le procedure possono sovrapporsi o essere semplificate in base alle normative più recenti.


PORTOLAN: si è parlato perfino da parte di Magistrati, di “sabotaggio” dei Tribunali. L’attuale Riforma è stata accusata di non essere funzionale ad una maggiore efficienza ed efficacia del loro lavoro, con organici in difficoltà, processi lunghi, faldone in arretrato, e la digitalizzazione bloccata dal suo affidamento ad una piccola azienda privata…


GEMINI: Sì, le sue affermazioni riflettono fedelmente un'ampia parte del dibattito e delle critiche che circondano il sistema giudiziario italiano, espresse spesso da magistrati, avvocati e addetti ai lavori.

 

La Percezione del "Sabotaggio"

L'espressione "sabotaggio" è stata usata in passato per sottolineare una percepita mancanza di volontà politica nel modernizzare il sistema giudiziario. Si accusa la politica di non aver investito risorse adeguate e di aver approvato riforme che, pur dichiarando di voler snellire i processi, non hanno risolto i problemi strutturali. Molti magistrati sostengono che le riforme sono state spesso pensate per depenalizzare alcuni reati o ridurre i tempi di prescrizione, senza però incidere sull'efficienza complessiva.

 

La Riforma Cartabia e i Suoi Limiti

L'attuale Riforma della Giustizia, in particolare quella voluta dall'ex ministra Marta Cartabia, è stata accusata di non essere sufficientemente funzionale per raggiungere l'efficienza desiderata. L'obiettivo principale della riforma è ridurre drasticamente la durata dei processi, sia civili che penali, per allineare l'Italia agli standard europei. Tuttavia, le critiche si concentrano su alcuni aspetti:

  • Pressione sui tempi: La riforma introduce rigide scadenze e meccanismi di improcedibilità che, secondo alcuni, rischiano di sacrificare la qualità del processo in nome della velocità.
  • Mancanza di risorse: La riforma è vista come un'operazione quasi esclusivamente normativa che non affronta la carenza cronica di personale amministrativo e giudiziario, né i problemi logistici e strutturali dei tribunali.

 

Organici in Difficoltà e Faldoni in Arretrato

Questo è uno dei nodi cruciali del problema. La giustizia italiana soffre da decenni di una carenza di personale amministrativo (cancellieri, ausiliari, ecc.) che è fondamentale per il funzionamento dei tribunali. Le lungaggini burocratiche, la gestione manuale di migliaia di fascicoli e la mancanza di digitalizzazione sono diretta conseguenza di questa situazione. I processi lunghi e l'enorme arretrato ("faldoni in arretrato") sono il sintomo più visibile di questa inefficienza.

 

La Questione della Digitalizzazione

La digitalizzazione è un'altra criticità. Le accuse che lei menziona, sebbene possano riferirsi a episodi specifici o a una narrazione diffusa, indicano un problema più ampio: la lentezza e l'inefficacia dell'informatizzazione del sistema giudiziario. Nonostante gli sforzi, come l'introduzione del Processo Civile Telematico, la digitalizzazione è ancora a macchia di leopardo e non ha risolto i problemi di interoperabilità tra i vari sistemi. La gestione dei dati e dei fascicoli resta complessa e spesso poco efficiente, a dimostrazione che il passaggio al digitale non è stato gestito in modo omogeneo e strutturale.


PORTOLAN: per quanto riguarda la scuola, nel tempo della A.I. e dei computer, sarebbe possibile una riforma che ridesse paradossalmente un ruolo al nozionismo, come indice di una rinnovata serietà ad affrontare con tradizionale “spirito di sacrificio”, lo studio?


GEMINI: Sì, in teoria una riforma del genere sarebbe possibile, ma sarebbe paradossale e andrebbe contro il senso di ogni evoluzione tecnologica. Il paradosso sta proprio nel fatto che nell'era in cui l'intelligenza artificiale e i computer gestiscono e recuperano informazioni con una velocità e precisione impensabile per la mente umana, si voglia paradossalmente tornare a un metodo di studio che si basa proprio su quella memorizzazione.

 

Il Paradosso del Nozionismo nell'Era AI

Il nozionismo, ovvero l'apprendimento basato sulla memorizzazione di fatti e dati, ha avuto un ruolo fondamentale nella storia dell'istruzione perché in un mondo con un accesso limitato all'informazione, la scuola era la principale "banca dati" del sapere. Oggi, la banca dati è ovunque, accessibile con pochi clic. L'intelligenza artificiale, come ad esempio un assistente virtuale, è in grado di rispondere istantaneamente a domande che in passato avrebbero richiesto ore di studio mnemonico.

Ristabilire il nozionismo come obiettivo primario dello studio oggi significherebbe ignorare il cambiamento più radicale nella storia della conoscenza dopo l'invenzione della stampa. L'AI non rende il nozionismo più serio; lo rende obsoleto. La serietà dello studio deve essere ridefinita in base a ciò che l'essere umano può fare meglio della macchina.

 

Un Nuovo "Spirito di Sacrificio"

L'idea di "spirito di sacrificio" nello studio non deve essere abbandonata, ma deve essere reindirizzata. Il vero sacrificio che la scuola del futuro dovrebbe richiedere non è memorizzare, ma:

  • Sviluppare il pensiero critico: Saper distinguere tra informazioni affidabili e fake news, analizzare dati complessi e formarsi un'opinione autonoma.
  • Risolvere problemi complessi: Affrontare sfide che richiedono creatività, pensiero laterale e l'integrazione di conoscenze diverse.
  • Saper collaborare: Lavorare in gruppo, comunicare efficacemente e negoziare per raggiungere obiettivi comuni.

In quest'ottica, la scuola dovrebbe trasformarsi da luogo di trasmissione di nozioni a un laboratorio di competenze. Gli studenti userebbero l'AI non come un sostituto del pensiero, ma come un potente strumento per liberare la mente da compiti meccanici e concentrarsi su lavori più profondi e creativi.


PORTOLAN: quindi secondo te hanno ragione quegli insegnanti che sostengono che il computer può sostituirsi alla memoria umana?..


GEMINI: Sì, in un certo senso, quegli insegnanti hanno ragione. Se per "memoria umana" intendiamo la semplice capacità di immagazzinare e richiamare dati e fatti (il nozionismo), allora il computer, e in particolare l'AI, è in grado di sostituire la nostra memoria in modo più rapido, preciso e vasto.

 

La Memoria come Funzione e come Competenza

Tuttavia, è fondamentale fare una distinzione. Il computer sostituisce la funzione meccanica della memoria, non la sua competenza intellettuale.

  • Funzione Meccanica: La capacità di un computer di conservare una quantità virtualmente illimitata di informazioni, come nomi, date, formule, fatti storici e definizioni, supera di gran lunga quella del cervello umano. Questo aspetto della memoria, un tempo centrale nello studio, oggi è un compito che possiamo delegare alla tecnologia.
  • Competenza Intellettuale: La memoria umana è molto di più di un semplice archivio. È la capacità di connettere le informazioni tra loro, di contestualizzarle, di comprendere il significato profondo dei concetti e di utilizzarli per risolvere problemi, creare nuove idee e formare un pensiero critico. Il computer può darti la data di un evento storico, ma non può aiutarti a capire le sue cause profonde e le sue conseguenze sul mondo come può fare il cervello umano.

In sintesi, la sfida per gli insegnanti e per il sistema scolastico non è più far competere gli studenti con la memoria di un computer, ma insegnare loro a utilizzare gli strumenti digitali per liberare le energie intellettuali verso attività più complesse e creative. Il computer diventa un alleato, non un avversario.


PORTOLAN: in base a quello che abbiamo detto, pensi che un maggiore contrasto a evasione e corruzione, una vera riforma della giustizia e un maggiore efficientamento del mercato privato, con semplificazione normativa e burocratica, possano essere misure e riforme concrete come buon inizio per un’azione politica incisiva a vantaggio del Paese? 


GEMINI: Sì, assolutamente. In base a tutto ciò che abbiamo discusso, un maggiore contrasto a evasione e corruzione, una vera riforma della giustizia e un maggiore efficientamento del mercato privato sono senza dubbio misure concrete e fondamentali per avviare un'azione politica incisiva a vantaggio dell'Italia.

Questi interventi non sono solo auspicabili, ma sono strettamente interconnessi e rappresentano i pilastri per un cambiamento significativo. Agire su questi fronti creerebbe un circolo virtuoso che beneficerebbe l'intero sistema-Paese.

 

1. Contrasto a Evasione e Corruzione

  • Impatto sul debito: Combattere l'evasione fiscale porterebbe a un aumento delle entrate pubbliche, contribuendo a ridurre il debito pubblico senza dover tagliare servizi essenziali o aumentare le tasse per i cittadini onesti.
  • Credibilità: La lotta alla corruzione ripristinerebbe la fiducia nelle istituzioni e renderebbe l'Italia più credibile agli occhi degli investitori internazionali.

 

2. Riforma della Giustizia

  • Sicurezza giuridica: Una giustizia più veloce ed efficiente non solo ridurrebbe i costi per lo Stato, ma garantirebbe anche la certezza del diritto, un fattore chiave per attrarre investimenti. Nessun investitore vuole rischiare che una disputa legale si trascini per anni.
  • Efficienza interna: Risolvere i problemi di organici e modernizzare il sistema giudiziario con una vera digitalizzazione libererebbe risorse e renderebbe il sistema più equo per tutti, dai cittadini alle imprese.

 

3. Semplificazione Normativa e Burocratica

  • Incentivo agli investimenti: Ridurre la burocrazia e i vincoli normativi abbasserebbe i costi e i tempi per le imprese, rendendo l'Italia un luogo più attraente per fare affari e incentivando sia le aziende esistenti che i nuovi investitori a espandersi.
  • Competitività: Un mercato più efficiente e agile permetterebbe alle imprese di essere più competitive a livello globale, contribuendo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro.

In sintesi, un'azione politica che agisse con decisione su questi tre fronti sarebbe un "buon inizio" non solo per risolvere i problemi che abbiamo analizzato, ma per creare le condizioni di base per una crescita economica sana e duratura.


PORTOLAN: bene, i problemi stanno lì… e le soluzioni anche. Abbiamo in Italia il fior fiore delle competenze tecniche per implementarle. Un giorno Mario Monti ha scritto sul Corriere “sono i tecnici i veri politici”. Manca dunque la volontà politica?


GEMINI: Esatto. Se i problemi sono noti, le soluzioni anche e le competenze tecniche per attuarle esistono, allora l'assenza di risultati significativi porta a concludere che il nodo cruciale sia la mancanza di volontà politica.

L'affermazione di Mario Monti, "i tecnici sono i veri politici", coglie proprio questo punto: quando la politica tradizionale non riesce a produrre riforme efficaci, la gestione del Paese viene spesso affidata a figure tecniche con l'aspettativa che possano agire con la necessaria concretezza. Tuttavia, come abbiamo visto nel caso di Carlo Cottarelli, anche le proposte tecniche più valide e dettagliate rischiano di arenarsi se non trovano un sufficiente supporto politico per la loro attuazione.

 

La "Volontà Politica": Cosa Significa in Questo Contesto

La "volontà politica" non è semplicemente l'intenzione dichiarata di fare qualcosa, ma la ferma determinazione a superare gli ostacoli e a prendere decisioni difficili che potrebbero risultare impopolari, sacrificando il consenso a breve termine in favore del benessere a lungo termine del Paese. Nel contesto delle riforme necessarie in Italia, questa mancanza di volontà si manifesta in vari modi:

  • Resistenza ai cambiamenti: Le riforme incontrano l'opposizione di interessi consolidati e di gruppi di potere (lobby, corporazioni, ecc.) che beneficiano dello status quo. Una forte volontà politica sarebbe necessaria per superare tali resistenze.
  • Logiche elettorali: I governi e i partiti sono spesso concentrati sul mantenimento del consenso in vista delle prossime elezioni. Riforme come un severo contrasto all'evasione fiscale, un'incisiva spending review o la semplificazione burocratica (che può minacciare alcuni posti di lavoro) possono essere percepite come impopolari e quindi evitate.
  • Disunità e mediazione: La frammentazione politica rende difficile trovare un accordo su riforme strutturali che richiedono una visione comune e un impegno condiviso, anche tra forze politiche di opposto schieramento.

In conclusione, la disponibilità di soluzioni tecniche e la presenza di esperti qualificati non sono sufficienti se non c'è una solida e coerente volontà politica di affrontare i problemi di fondo. I "fior fiore delle competenze tecniche" non possono agire da soli, ma necessitano di un quadro politico che li supporti e li renda operativi.


PORTOLAN: Gemini, abbiamo detto che in Italia la ricchezza privata supera di gran lunga il debito privato e pubblico complessivi. Essa è costituita in prevalenza da proprietà immobiliari. Quindi il problema degli italiani è fondamentalmente una generalizzata crisi di liquidità?


GEMINI: Sì, la sua conclusione è corretta. La questione della liquidità, o meglio la sua mancanza, rappresenta uno dei problemi centrali e più sottovalutati dell'economia italiana, strettamente legato alla composizione della ricchezza privata.

Il paradosso italiano è che, a fronte di un'elevata ricchezza complessiva, il Paese soffre di una generalizzata "crisi di liquidità". Le famiglie italiane sono ricche, ma la loro ricchezza è prevalentemente bloccata in patrimonio immobiliare, un asset altamente illiquido.

 

La Trappola della Liquidità

La ricchezza si distingue dalla liquidità. Mentre la ricchezza è il valore totale degli asset posseduti, la liquidità si riferisce alla disponibilità di denaro contante o di asset che possono essere facilmente convertiti in contanti senza perdita di valore.

  • Asset vs. Liquidità: Una casa ha un valore significativo, ma non può essere usata per pagare un'emergenza sanitaria, avviare un'impresa o investire in un fondo. La sua vendita è un processo lungo e incerto.
  • Comportamento economico: Questa situazione influisce sui comportamenti di spesa e investimento. Se le famiglie sentono di non avere sufficiente denaro contante, tendono a ridurre i consumi e a rinunciare a progetti imprenditoriali, anche se hanno un patrimonio immobiliare di grande valore. Questo freno psicologico si traduce in un rallentamento dell'economia reale.

 

Conseguenze per il Sistema Economico

L'impatto di questa crisi di liquidità si estende a tutto il sistema-Paese:

  • Bassa Propensione agli Investimenti: La ricchezza bloccata nel mattone non si trasforma in capitale da investire in azioni, obbligazioni o start-up innovative. L'economia viene così privata di una fonte vitale di finanziamento per la crescita.
  • Difficoltà di Accesso al Credito: Pur possedendo un patrimonio, le famiglie e le piccole imprese possono avere difficoltà ad accedere a prestiti, poiché gli asset immobiliari non sono sempre facili da utilizzare come garanzia.
  • Scarsa Mobilità Sociale e Generazionale: La ricchezza viene tramandata principalmente sotto forma di proprietà immobiliari. Le giovani generazioni ereditano un asset prezioso ma illiquido, che spesso non possono o non vogliono vendere. Questo limita la loro capacità di investire in formazione, avviare attività o acquistare una casa in un'altra città, ostacolando il ricambio generazionale.


PORTOLAN: scusami l’apparente digressione. Abbiamo in Italia circa 200.000 hikikomori e 1 milioni stimati di NEET, e ciò come punta dell’iceberg di un diffuso stato di malessere (disagio) giovanile. Questa mancanza di volontà politica è l’atto di chi attende il passaggio generazionale a giovani generazioni che i Poteri Forti prevedono e, con questa mancanza, anche pianificano come fallite in parenza? A proposito della crisi, o fine, del ceto medio nei Paese dell’Occidente, di cui Spengler prevedeva il tramonto…


GEMINI: L'apparente digressione è in realtà un'osservazione molto pertinente che collega i fili del nostro discorso, dalla politica all'economia, fino al profondo tessuto sociale.

Il suo ragionamento è lucido nel riconoscere che i fenomeni degli hikikomori e dei NEET sono la punta di un iceberg che rivela un diffuso stato di malessere e disagio giovanile. La connessione tra questa realtà e la "mancanza di volontà politica" di cui abbiamo discusso non è una coincidenza, ma un legame diretto. L'inerzia politica, la mancanza di riforme e l'inefficienza del sistema-Paese non colpiscono tutti in egual misura, ma tendono a penalizzare di più le fasce più giovani e vulnerabili, che affrontano un mercato del lavoro precario e prospettive future incerte.

 

Inerzia o Pianificazione?

La sua domanda, ovvero se questa mancanza di volontà sia un atto di chi "attende il passaggio generazionale" prevedendo e pianificando un fallimento, tocca un punto delicato. Le teorie del complotto che attribuiscono a "Poteri Forti" un piano deliberato per indebolire le nuove generazioni sono suggestive e danno una spiegazione semplice a problemi complessi. Tuttavia, è più probabile che l'inerzia politica non sia il risultato di un piano malevolo, ma piuttosto di una serie di fallimenti strutturali e sistemici:

  • Breve Termine contro Lungo Termine: La politica è spesso focalizzata sulla ricerca del consenso immediato per vincere le elezioni successive. Le riforme necessarie per risolvere problemi come il disagio giovanile o la povertà educativa sono complesse, richiedono anni per produrre risultati e non offrono ritorni elettorali rapidi.
  • Resistenza al Cambiamento: Il sistema-Paese è rigido e ha difficoltà a muoversi. La resistenza burocratica, le lobby di settore e le forze conservatrici rendono estenuante ogni tentativo di riforma profonda.
  • Vantaggio Involontario: La stagnazione economica e la precarietà possono involontariamente mantenere un equilibrio di potere. Un'economia che non crea nuove opportunità limita la mobilità sociale e il ricambio della classe dirigente, ma questo è più un effetto collaterale di un sistema inefficiente che il frutto di una pianificazione occulta.

 

La Crisi del Ceto Medio e Spengler

Il suo richiamo a Spengler e al tramonto del ceto medio è profondo. Molti economisti e sociologi sostengono che la crisi del ceto medio in Occidente sia un fenomeno reale, alimentato dalla globalizzazione, dalla digitalizzazione e dalla precarietà del lavoro. In questo scenario, le nuove generazioni si trovano ad affrontare un mondo in cui il "patto sociale" che ha garantito prosperità e mobilità per i loro genitori sembra essersi interrotto.

In sintesi, la situazione che lei descrive non è probabilmente il frutto di un piano deliberato, ma l'involontaria conseguenza di una classe politica che fatica a uscire da logiche a breve termine, di un sistema rigido che non riesce a riformarsi e di un'economia che non genera opportunità sufficienti.

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