Evasione privata e corruzione pubblica: due mali del Bel Paese che si equivalgono

DAI DIALOGHI CON GEMINI



di Giulio Portolan (*)


Abbiamo interrogato Gemini per svolgere una statistica significativa su questi due mali, che coinvolgono pubblico e privato come forme di erosione della Civiltà giudica italiana.

(*) noto intellettuale italiano


PORTOLAN: a quanto ammonta la corruzione dei funzionari pubblici in Italia? Si aggira intorno ai 200 miliardi di euro?


GEMINI: Non è possibile stabilire con esattezza l'ammontare della corruzione dei funzionari pubblici in Italia, poiché si tratta di un fenomeno sommerso. Tuttavia, diverse stime, elaborate da varie organizzazioni e istituzioni, offrono una cifra indicativa che si aggira in media tra i 60 miliardi e i 237 miliardi di euro all'anno. 

 

Stime del costo della corruzione

  • Alcune fonti, tra cui stime della Corte dei Conti italiana, indicano un costo annuale diretto della corruzione di circa 60 miliardi di euro, equivalente a circa il 4% del PIL italiano.
  • Altre stime, come quelle riportate da un'analisi del centro di ricerca RAND, ipotizzano un costo significativamente più alto, arrivando a ben 237 miliardi di euro all'anno.

Il dato da te menzionato, circa 200 miliardi di euro, rientra quindi nel range di alcune delle stime più elevate. Le discrepanze tra le cifre dipendono dai metodi di calcolo utilizzati, che possono includere non solo i costi diretti (tangenti, appropriazione indebita), ma anche quelli indiretti (inefficienze, costi aggiuntivi per le opere pubbliche, perdita di investimenti, minor gettito fiscale).

La misurazione del fenomeno corruttivo non è semplice, ma gli indici di percezione, come il Corruption Perceptions Index (CPI) di Transparency International, forniscono un quadro sulla gravità del problema a livello internazionale. Nel 2023, l'Italia si è posizionata al 42° posto su 180 Paesi, con un punteggio di 56 su 100, indicando un miglioramento rispetto agli anni precedenti, ma rimanendo ancora al di sotto della media dei paesi dell'Europa occidentale


PORTOLAN: corrispondentemente, il numero degli Amministratori locali (sindaci, assessori, consiglieri comunali e funzionari comunali) corrotti, può arrivare ai 10.000 soggetti?


GEMINI: Determinare il numero esatto di amministratori locali corrotti in Italia è impossibile, dato che la corruzione è un reato che si consuma in segreto e il suo impatto effettivo va oltre i casi scoperti e portati in giudizio. 🕵️‍♂️ Il numero di 10.000 soggetti sembra una stima molto elevata e priva di un riscontro ufficiale, anche se non si possono escludere le dimensioni del fenomeno sommerso.

Dati e Stime Ufficiali

Le statistiche disponibili si basano sulle indagini, gli arresti e le condanne, che rappresentano solo la "punta dell'iceberg" di un fenomeno ben più ampio. Per esempio, un rapporto dell'ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) ha rilevato che in un periodo recente ci sono stati 207 pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio indagati per corruzione, di cui 43 politici, 20 dei quali sindaci. Altre indagini possono portare all'arresto di un numero limitato di sindaci, assessori e funzionari comunali in singole operazioni.

Anche gli studi della Corte dei Conti e di altre agenzie di ricerca economica si basano su stime finanziarie, non sul numero esatto di persone coinvolte. Il numero totale di amministratori locali in Italia è molto elevato, con oltre 8.000 Comuni e decine di migliaia di sindaci, assessori e consiglieri.

Il dato di 10.000 soggetti potrebbe essere un'ipotesi basata sulla percezione della corruzione diffusa, ma non ha un fondamento statistico verificabile attraverso le attuali indagini o statistiche ufficiali. Il fenomeno sommerso rende ogni stima del numero effettivo di persone coinvolte una congettura.


PORTOLAN: l’attuale riforma della giustizia (agosto 2025) può essere un modo per controllare la funzione inquirente allo scopo di proteggere dal carcere questo ingente numero di funzionari?


GEMINI: Il tema dell'attuale riforma della giustizia (agosto 2025) e il suo potenziale impatto sul controllo della funzione inquirente è oggetto di un ampio dibattito in Italia. Le posizioni sono divise: alcuni sostengono che la riforma miri a rafforzare la separazione dei poteri e a rendere più imparziale il sistema, mentre altri temono che possa limitare l'autonomia della magistratura inquirente, favorendo di fatto una minore incisività nel perseguimento di reati come la corruzione. Non si può affermare con certezza che la riforma abbia il preciso scopo di "proteggere" i funzionari, ma è un timore espresso da chi si oppone ad alcuni dei suoi principi.

 

Separazione delle Carriere

La principale misura al centro del dibattito è la separazione delle carriere tra i giudici (funzione giudicante) e i pubblici ministeri (funzione inquirente). ⚖️ Attualmente, i magistrati sono parte di un unico corpo, e possono alternare le funzioni di PM e giudice durante la loro carriera. La riforma mira a creare due percorsi professionali distinti e due Consigli Superiori della Magistratura (CSM) separati.

  • Argomento a favore: I sostenitori della riforma ritengono che questa divisione sia fondamentale per garantire la terzietà e l'imparzialità del giudice. Non avendo mai svolto il ruolo di accusa, il giudice sarebbe più equidistante tra le parti.
  • Argomento contrario: Gli oppositori, tra cui l'Associazione Nazionale Magistrati (ANM), temono che la separazione delle carriere possa indebolire la figura del pubblico ministero, rendendolo più simile a un "avvocato dell'accusa" subordinato all'esecutivo. Ciò potrebbe limitare la sua autonomia e indipendenza, rendendo più difficili le inchieste sui reati commessi da funzionari pubblici e politici.

 

Altre Misure Rilevanti

Oltre alla separazione delle carriere, altre modifiche normative introdotte o in discussione possono avere un impatto sul contrasto alla corruzione.

  • Riforma dell'abuso d'ufficio: L'abolizione di questo reato è stata un'altra misura molto dibattuta. L'intenzione dichiarata è quella di eliminare la "paura della firma" che blocca i funzionari nell'espletamento delle loro funzioni, ma i critici sostengono che tale mossa possa rendere più difficile perseguire comportamenti illeciti che non rientrano in altri reati più gravi.
  • Limiti ai termini delle indagini: Le riforme tendono a stringere i tempi entro cui i pubblici ministeri devono concludere le indagini. Se da un lato questo serve a garantire processi più rapidi, dall'altro potrebbe costringere la procura a chiedere l'archiviazione di casi complessi, come quelli di corruzione che richiedono tempi lunghi per l'acquisizione delle prove.

In sintesi, le riforme in atto sono presentate come un modo per rendere la giustizia più efficiente e garantista. Tuttavia, la loro efficacia nel contrastare la corruzione e l'eventuale impatto sulla capacità inquirente di perseguire i funzionari pubblici corrotti sono questioni che restano al centro del dibattito politico e giuridico, con posizioni profondamente divergenti.


PORTOLAN: è vero che l’ANAC guidata da Raffaele Cantone (anni 2014-2019) si è trovata difronte a un muro, anche nel senso di una resistenza all’affinamento degli strumenti di indagine e anticorruzione?


GEMINI: Sì, è vero che l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) sotto la guida di Raffaele Cantone (2014-2019) si è trovata di fronte a una notevole resistenza. Cantone stesso, in diverse occasioni, ha parlato delle difficoltà incontrate e degli ostacoli che hanno limitato l'efficacia dell'azione di prevenzione e contrasto alla corruzione.

I "muri" di Cantone

I principali ostacoli, come evidenziato da Cantone stesso e dai resoconti dell'epoca, possono essere riassunti in questi punti:

  • Resistenza culturale: Cantone ha più volte sottolineato l'esistenza di un "diverso approccio culturale" nei confronti dell'Autorità e del suo ruolo, una sorta di resistenza passiva o inerzia da parte di alcune amministrazioni pubbliche e della politica, che non si adeguavano pienamente alle nuove normative e alla logica della prevenzione.
  • Limiti normativi: Nonostante l'ANAC abbia ottenuto nuove competenze, come quelle relative agli appalti pubblici, l'Autorità ha lamentato la mancanza di strumenti effettivi per imporre le proprie decisioni. Le linee guida e le raccomandazioni emesse dall'ANAC, pur autorevoli, spesso non avevano un carattere vincolante, trasformando il suo ruolo in un'azione di deterrenza e non di reale repressione.
  • Tensione con il potere esecutivo: Nel corso degli anni, sono emersi attriti con alcuni settori del mondo politico, che vedevano l'azione dell'ANAC come un freno alla burocrazia e un ostacolo alla rapidità amministrativa. Questo contrasto ha raggiunto l'apice quando Cantone ha criticato la semplificazione delle normative sugli appalti, sostenendo che rischiavano di indebolire i controlli.
  • Mancanza di personale e risorse: L'ANAC, pur con l'ampliamento delle sue competenze, ha spesso operato con organici insufficienti rispetto alla mole di lavoro e alle responsabilità che le erano state assegnate, un problema che Cantone ha segnalato a più riprese.

La decisione di Cantone di lasciare l'incarico nel 2019 è stata interpretata da molti come un segnale di frustrazione per il "ciclo concluso" e per la difficoltà di operare in un contesto in cui il suo ruolo, a suo dire, era diventato quello di un "spettatore passivo" di fronte a un dibattito che non riusciva a influenzare pienamente.


PORTOLAN: allo stesso modo Ernesto Maria Ruffini quando direttore dell’Agenzia delle Entrate nei suoi due mandati (2017-2018; 2020-2024) ha affermato che “gli strumenti per contrastare l’evasione fiscale ci sono, ma la politica non li adotta”. E’ così?


GEMINI: È vero che Ernesto Maria Ruffini ha espresso in modo chiaro e ripetuto il concetto che gli strumenti per contrastare l'evasione fiscale esistono, ma che la loro applicazione è spesso ostacolata da scelte politiche e da un "clima" non favorevole. La sua posizione si è rafforzata nel tempo, culminando nelle sue dimissioni dalla guida dell'Agenzia delle Entrate nel dicembre 2024.

Le principali critiche e i punti di dissenso che Ruffini ha sollevato durante il suo mandato e in particolare al momento delle sue dimissioni includono:

  • Il "clima" politico: Ruffini ha lamentato il "cambiamento di clima" attorno all'Agenzia delle Entrate, riferendosi a dichiarazioni pubbliche di alcuni esponenti della politica che hanno definito le tasse "pizzo di Stato". Secondo Ruffini, questo tipo di linguaggio mina la fiducia dei cittadini nel sistema fiscale e delegittima il lavoro di chi combatte l'evasione.
  • Amnestie e condoni: Sebbene Ruffini abbia rivendicato un aumento del recupero dell'evasione, ha anche sottolineato che una parte significativa di questi risultati deriva da sanatorie e misure una tantum (come la "rottamazione delle cartelle"), che non risolvono strutturalmente il problema ma lo affrontano solo in modo temporaneo.


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  • Limiti normativi: In diverse audizioni e interviste, Ruffini ha sostenuto che l'Agenzia ha bisogno di strumenti più efficaci per operare, a fronte di una normativa che in alcuni casi non è sufficientemente stringente per contrastare gli evasori più incalliti. Ha anche promosso la digitalizzazione come strumento chiave per rendere più efficienti i controlli e più semplici gli adempimenti per i contribuenti onesti.

In sintesi, la frase che citi riassume in modo efficace il pensiero di Ernesto Maria Ruffini, che ha sempre sostenuto la necessità di un'alleanza tra l'Agenzia delle Entrate e la politica per un'azione congiunta e non contraddittoria contro l'evasione fiscale.


PORTOLAN: a quanto ammonta l’evasione fiscale in Italia?


GEMINI: Secondo il Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) e gli ultimi dati disponibili, l'ammontare dell'evasione fiscale in Italia si aggira attorno ai 100 miliardi di euro all'anno. 

È importante sottolineare che questa cifra non è un valore esatto, ma una stima calcolata attraverso il "tax gap", ovvero la differenza tra il gettito fiscale che si presume verrebbe incassato in assenza di evasione e le entrate effettivamente riscosse.

Analisi dei dati

Le stime ufficiali, pubblicate nel rapporto annuale del MEF, mostrano una tendenza alla riduzione del divario tra le entrate teoriche e quelle reali. Ad esempio, il "tax gap" è sceso da circa 108,5 miliardi di euro nel 2016 a circa 85 miliardi negli anni più recenti per i quali si hanno dati consolidati, sebbene alcune fonti più recenti parlino di un assestamento intorno ai 100 miliardi.

La cifra di 100 miliardi è il risultato dell'evasione di diverse imposte, tra cui:

  • IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), in particolare per lavoratori autonomi e piccole imprese.
  • IVA (imposta sul valore aggiunto), che rappresenta una quota importante del totale.
  • IRES (imposta sul reddito delle società) e IRAP (imposta regionale sulle attività produttive).
  • Evasione contributiva, relativa ai mancati versamenti dei contributi previdenziali.

Queste stime non includono l'evasione legata all'economia sommersa o al lavoro nero, che sono calcolate separatamente e contribuiscono ulteriormente a ingrandire il fenomeno.

Negli ultimi anni, l'Agenzia delle Entrate ha registrato un aumento del gettito recuperato dalla lotta all'evasione, superando i 20 miliardi di euro annui. Tuttavia, questa cifra rappresenta solo una frazione del totale evaso, a conferma della persistenza del problema.


PORTOLAN: è vero che in Italia la ricchezza privata, specie quella immobiliare, supera l’ammontare del debito privato unito a quello pubblico, che è comunque posto in capo ai soggetti privati?


GEMINI: La tua osservazione coglie un punto fondamentale e spesso trascurato del dibattito economico italiano. Sì, è corretto affermare che la ricchezza privata in Italia supera significativamente l'ammontare combinato del debito pubblico e di quello privato.

Per quanto riguarda il secondo punto, cioè che il debito pubblico "è comunque posto in capo ai soggetti privati", la questione è più complessa ma ha un fondo di verità, in quanto sono proprio i soggetti privati (italiani e stranieri) a detenere la maggior parte dei titoli di stato.


1. La Ricchezza Privata contro il Debito Totale

  • Ricchezza privata: I dati più recenti, elaborati da Banca d'Italia e Istat, stimano che la ricchezza netta delle famiglie italiane (somma di attività reali come immobili e attività finanziarie come depositi e titoli, al netto delle passività) si aggiri intorno ai 10.000 miliardi di euro. Di questa cifra, la componente immobiliare rappresenta la parte più consistente, superando i 5.000 miliardi di euro.
  • Debito pubblico e privato: Il debito pubblico italiano ha superato di recente la soglia dei 2.900 miliardi di euro, mentre il debito privato (delle famiglie e delle imprese) è stimato attorno ai 1.900 miliardi di euro.

Mettendo a confronto i dati, il totale del debito pubblico e privato si attesta a circa 4.800 miliardi di euro. Questo dato è dunque nettamente inferiore alla ricchezza netta delle famiglie italiane, che supera i 10.000 miliardi di euro.

Questa disparità mostra che l'Italia è un paese con un'elevata propensione al risparmio e una solida base patrimoniale, specialmente immobiliare.


2. Chi detiene il Debito Pubblico?

La tua affermazione che il debito è in capo ai soggetti privati è sostanzialmente corretta, ma necessita di una precisazione. Il debito pubblico è detenuto attraverso titoli di stato (come BTP e CCT) acquistati da vari attori, che sono in larga parte privati.


Detentori domestici: La maggioranza del debito pubblico italiano è in mano a soggetti residenti in Italia, tra cui:
- Banche e compagnie assicurative: che rappresentano i principali investitori istituzionali.

Famiglie e investitori individuali: che detengono una parte crescente del debito, spinti anche da nuove emissioni di titoli dedicate al retail.
- Detentori esteri: Una quota significativa del debito italiano è in mano a investitori stranieri (fondi sovrani, banche, fondi pensione), ma questa percentuale è calata negli ultimi anni, rendendo il debito italiano più "domestico".


In conclusione, la solidità della ricchezza privata italiana, in particolare quella immobiliare, rappresenta un'importante risorsa che supera di gran lunga il debito totale del Paese. La natura del debito pubblico, in gran parte detenuto da soggetti privati nazionali, è un aspetto che, da un lato, rende il Paese meno vulnerabile agli shock dei mercati internazionali, ma dall'altro sposta l'onere del finanziamento e del servizio del debito (il pagamento degli interessi) all'interno del sistema economico nazionale.


PORTOLAN: quanti sono in Italia i contribuenti fiscali e quanti di essi sono evasori, ed anche evasori totali?


GEMINI: Definire con precisione il numero di contribuenti fiscali e, in particolare, il numero di evasori, è una delle sfide più grandi per le autorità fiscali. Mentre il numero dei contribuenti noti è un dato ufficiale, quello degli evasori è una stima, soprattutto quando si parla di "evasori totali".

Ecco un quadro basato sui dati più recenti disponibili:

1. Numero di Contribuenti Fiscali

Secondo i dati del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) e dell'Agenzia delle Entrate, il numero di contribuenti che presenta una dichiarazione dei redditi in Italia si attesta su una cifra molto alta, vicina ai 42 milioni di soggetti.

Questo numero include:

  • Dipendenti e pensionati che ricevono la Certificazione Unica.
  • Lavoratori autonomi e professionisti con Partita IVA.
  • Soggetti con altri tipi di reddito (es. da locazioni).

2. Quanti sono gli Evasori Fiscali?


Non esiste una cifra ufficiale e precisa del numero di evasori. Tuttavia, le stime del MEF e di altre organizzazioni si basano sui dati del "tax gap" (il divario tra le imposte teoriche e quelle effettivamente riscosse) per calcolare quanti sono i soggetti coinvolti.

L'evasione si distingue in due categorie principali:

  • Evasori parziali: Sono contribuenti che presentano regolarmente la dichiarazione dei redditi, ma dichiarano solo una parte del loro reddito effettivo. Si stima che questa categoria rappresenti la quota maggiore in termini di evasione, in particolare tra lavoratori autonomi e piccole imprese. Non è possibile stabilire un numero preciso, ma si tratta di una porzione significativa delle circa 42 milioni di dichiarazioni.
  • Evasori totali: Sono soggetti, persone fisiche o giuridiche, che svolgono un'attività economica in modo completamente sommerso e non presentano alcuna dichiarazione dei redditi, risultando di fatto sconosciuti al fisco.

3. Quanti sono gli Evasori Totali?


Il numero di "evasori totali" è il più difficile da stimare, poiché per definizione non sono registrati. La Guardia di Finanza e l'Agenzia delle Entrate, attraverso l'attività investigativa, ne scoprono ogni anno diverse migliaia. A titolo di esempio, un rapporto della Guardia di Finanza ha indicato la scoperta di oltre 9.000 evasori totali in un anno di attività di controllo.

Tuttavia, queste cifre rappresentano solo la "punta dell'iceberg". Le stime dell'entità del fenomeno sommerso, da cui si possono derivare il numero di soggetti, indicano un numero molto più elevato, che potrebbe variare da alcune centinaia di migliaia a milioni di persone, a seconda della metodologia di calcolo e dei parametri utilizzati per definire il fenomeno.


PORTOLAN: ma è vero che chi paga regolarmente la imposte alla fine finisce per pagare anche al posto di chi non paga, perché le aliquote sono calcolare in base al fabbisogno dello Stato, che si applica poi a tutti i soggetti fiscali, indipendentemente dalle virtù individuale all’adempimento?


GEMINI: Sì, in linea di principio, la tua osservazione è sostanzialmente corretta. Chi paga regolarmente le imposte finisce per sostenere un peso fiscale più elevato a causa di chi evade. La logica è quella di una coperta troppo corta ⚖️.

 

Il Meccanismo delle Aliquote Fiscali

Il principio di base della finanza pubblica è che lo Stato deve incassare un gettito sufficiente a coprire le proprie spese (il "fabbisogno dello Stato") per finanziare servizi essenziali come sanità, istruzione, infrastrutture e sicurezza.

  1. Stima delle Entrate e delle Spese: Il governo stabilisce un budget annuale (la Legge di Bilancio) proiettando le entrate attese dalle imposte e dalle altre fonti di ricavo.
  2. Calcolo delle Aliquote: Sulla base del fabbisogno stimato e della dimensione dell'economia, il governo determina le aliquote fiscali. Tuttavia, questa previsione deve già tenere conto dell'evasione stimata.

L'Effetto dell'Evasione

Se l'evasione fiscale è un fenomeno diffuso, il gettito effettivo che lo Stato incassa è inferiore a quello teorico. Per compensare questo "buco" nelle entrate e mantenere in piedi i servizi pubblici, lo Stato ha due opzioni principali:

  • Ridurre i servizi: Tagliare la spesa pubblica, ad esempio riducendo gli investimenti in infrastrutture o i finanziamenti a sanità e istruzione.
  • Aumentare il prelievo fiscale: Questa è l'opzione più comune. Lo Stato, pur di non tagliare servizi, deve aumentare le aliquote o introdurre nuove tasse.

Il risultato è che la base imponibile (cioè la fetta di redditi su cui si applicano le tasse) si restringe, e la stessa quantità di denaro richiesta dallo Stato deve essere raccolta da un numero inferiore di contribuenti. Di conseguenza, le aliquote per chi dichiara regolarmente il proprio reddito diventano più alte di quanto sarebbero in un sistema con evasione zero.

In pratica, il contribuente onesto finisce per pagare non solo per i propri servizi, ma anche per la parte di servizi pubblici di cui beneficiano gli evasori, senza che questi abbiano contribuito al loro finanziamento.


PORTOLAN: esiste una differenza significativa tra evasione ed elusione? A quanto ammonta l’elusione fiscale?


GEMINI: Sì, esiste una differenza fondamentale tra evasione ed elusione fiscale. Sebbene entrambe abbiano l'obiettivo di ridurre il carico fiscale, lo fanno con mezzi molto diversi, che hanno conseguenze legali distinte.

 

Evasione Fiscale

L'evasione fiscale è un'azione illegale. Consiste nel violare apertamente le norme tributarie per non pagare le tasse dovute. È un comportamento fraudolento che si configura come reato, punibile con sanzioni amministrative e, in casi gravi, con la reclusione.

Esempi:

  • Non emettere uno scontrino o una fattura.
  • Dichiarare un reddito inferiore a quello effettivamente percepito.
  • Usare fatture false o conti esteri non dichiarati per nascondere il denaro.

Elusione Fiscale

L'elusione fiscale, a differenza dell'evasione, si muove in una zona grigia ed è considerata formalmente legale, anche se contraria allo spirito della legge. Consiste nello sfruttare le lacune o le contraddizioni della normativa tributaria (spesso in ambito internazionale) per ottenere un vantaggio fiscale indebito. Questo comportamento è disciplinato dall'articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente, che lo definisce un "abuso del diritto".

Esempi:

  • Costituire una società in un paese a fiscalità agevolata (paradiso fiscale) per spostare legalmente i profitti.
  • Utilizzare strutture societarie complesse e internazionali per ottenere deduzioni o crediti d'imposta non giustificati da una reale attività economica.

In sintesi, l'evasione è una violazione delle regole, mentre l'elusione è un'interpretazione aggressiva e spregiudicata delle regole stesse.

 

Ammontare dell'Elusione Fiscale

Misurare l'elusione fiscale è estremamente difficile, dato che si basa su operazioni formalmente legittime. Di conseguenza, non esistono stime ufficiali da parte di enti come il Ministero dell'Economia e delle Finanze, che si concentrano principalmente sull'evasione. Tuttavia, diversi studi e rapporti internazionali, in particolare quelli dell'EU Tax Observatory, hanno tentato di quantificare il fenomeno, arrivando a cifre significative.

  • Secondo alcune stime, l'Italia perde diversi miliardi di euro all'anno a causa di fenomeni di elusione fiscale, soprattutto da parte delle grandi aziende multinazionali e dei grandi patrimoni che spostano i profitti verso paesi a bassa tassazione.
  • I dati più recenti dell'EU Tax Observatory (2024) indicano che i cittadini europei detengono oltre 2.000 miliardi di dollari in paradisi fiscali, di cui circa 198 miliardi di dollari sono riconducibili a cittadini italiani. Questa ricchezza è particolarmente vulnerabile a forme di elusione.

In conclusione, sebbene l'elusione non sia quantificata con la stessa precisione dell'evasione, rappresenta un problema economico di grande portata che incide sulla capacità dello Stato di finanziare i servizi pubblici.

1 commento:

  1. Alla luce delle riforme della giustizia e delle difficoltà operative di enti come ANAC e Agenzia delle Entrate, quali indicatori quantitativi e metriche di performance potrebbero essere implementati per valutare l’efficacia reale delle misure anti-corruzione e anti-evasione nel tempo?

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