L'ITALIA DEL BELLO SCRIVERE: UN VIAGGIO DI ADA FICHERA TRA LE PAROLE DI GRANDI SCRITTORI

Abbiamo intervistato la dottoressa Ada Fichera, che avevamo già avuto modo di incontrare durante il Master in Teoria e Tecnica di Comunicazione Politica e Istituzionale presso l’Università Popolare degli Studi di Milano, Università di Diritto Internazionale.



Dopo i corsi di laurea (conseguiti tutti con 110 e lode) e tre Master in comunicazione, tra cui uno proprio all'Università Popolare degli Studi di Milano, Università di Diritto Internazionale, e una lunga esperienza sul campo le chiediamo: quanto è importante per un giovane oggi acquisire competenze nella comunicazione? Quanto è importante saper comunicare indipendentemente dal lavoro che si svolge? 

 Frequentare un corso o un master è molto importante perché fornisce competenze che i corsi di laurea non danno, però questo va poi sempre unito o seguito da una esperienza sul campo, senza la quale un giornalista non avrebbe gli strumenti validi per affrontare la professione. Comunicare oggi è fondamentale. Anche nella vita di tutti giorni diremmo che tutto è comunicazione, il problema attuale è che questa debba essere fondata su cultura e contenuti, altrimenti è come un bel pacco regalo che una volta aperto è vuoto.



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La prima stesura del libro nasce inizialmente come tesi di laurea di uno dei master in comunicazione.
Cosa è cambiato (nei contenuti ma anche nelle aspettative "esterne" rispetto alla prima edizione?

 In realtà il libro ha una vita a sè. È vero che nel lontano 2006 scrissi la mia tesi di Master in Giornalismo sulla Terza Pagina, dalla quale nacque poi uno dei miei primi libri sulla materia. Ecco in quel caso si trattava di un piccolo volume venuto fuori direttamente dalla mia tesi. In questo caso il mio libro “L’Italia del bello scrivere”, edito da Minerva, è un volume totalmente nuovo anche se si tratta di argomento affine. Sono passati tredici anni, il libro deve parlare dell’evoluzione del digitale e anche dei cambiamenti che ci sono stati nei lettori, nell’ambito degli scrittori e degli editori. Il mondo dell’editoria è qui affrontato in toto in maniera molto attuale e ora, a differenza dei miei “vecchi percorsi” puramente storici, molto critica. 

Come è cambiato il modo di lavorare nella comunicazione dai primi anni della sua professione? 

 È cambiato in peggio per molti versi: sempre più difficile lavorare in maniera stabile, sempre più raro essere economicamente riconosciuti nella misura giusta. Ma ciò è figlio del nostro tempo, di una politica e di una società che tendono a non riconoscere come valore la cultura e di conseguenza la scrittura, infatti ci sono pochi finanziamenti e sempre più frequenti tagli al settore. C’è un vuoto intorno molto forte, poco spazio ai giovani e ad un ricambio generazionale. Credo che sia una delle professioni che abbia maggiore necessità di rinnovarsi in termini di risorse umane ma minore volontà nel farlo. In meglio, invece, direi che è cambiata negli strumenti. Oggi i tablet e molti altri strumenti ci permettono di lavorare anche lontani chilometri dalle redazioni o dagli uffici e di raggiungere ad esempio anche tramite i social i nostri lettori per comunicare eventi e presentazioni dei libri. Tutto questo è un bene. 

Che percorso formativo consiglierebbe a un giovane che intenda fare carriera nel mondo della comunicazione (istituzionale, politica, aziendale ad esempio) 

È sempre difficile dare consigli agli altri. Intanto direi di iniziare prima possibile a fare esperienza sul campo, anche se conosco le difficoltà a trovare spazi. Per quanto riguarda i corsi invece direi sempre di fare un master in giornalismo di largo respiro, poi seguito magari da un corso più specifico che approfondisca magari un settore. Ritengo comunque che per chi fa il nostro lavoro, al di là dei corsi, che sono preziosi, uno degli strumenti essenziali è la lettura. Leggete, leggete molto! Sia i giornali sia soprattutto i libri. In Italia si legge sempre meno, ma che senso ha scrivere se non abbiamo i lettori? Si dovrebbe leggere almeno quanto si scrive...! E noi dobbiamo essere i primi. Non si può scrivere bene, del resto, comunicare bene e avere nuovi orizzonti e larghe vedute, se non si legge. 

Quali sono le esperienze che l'hanno più formata e le sono state utili per la sua professione attuale? 

Tutte le esperienze sono utili e formative, sia quelle positive sia soprattutto quelle negative da cui si impara spesso ancor più che dai casi in cui le cose vanno bene. 

 Avevo 19 anni quando entrai per la prima volta in una redazione e firmai il mio primo pezzo. Ho avuto alcuni bravi maestri, poi la maestra migliore è l’esperienza ed è la vita professionale stessa. Non saprei dire quale sia stata la cosa più importante e formativa in sedici anni ormai di professione e una ventina di volumi pubblicati e venduti. Ma posso dire oggi che una delle esperienze più belle è sempre l’incontro diretto coi miei lettori, la sintonia che ho con loro che è cresciuta poco a poco negli anni, il calore e spesso anche le domande critiche che mi pongono sono gli elementi migliori che scaldano il cuore e che mi danno linfa per pensare, per scrivere ancora e anche per imparare ogni giorno qualcosa in più.



L’Italia del “bello scrivere”
Storie di giornalismo dalla Terza pagina ad oggi
MINERVA 
Anno edizione:  2019
Pagine:  152 p., Brossura 
  • EAN: 9788833241760

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